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Ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, gli organi di "informazione" hanno mostrato agli abitanti della penisola italiana da quali individui essi siano rappresentati e soprattutto da quale grettezza, volgarità e cialtroneria sia caratterizzato quello che ormai si può senza ombra di smentita chiamare il PROFANUM VULGUS costituito dai dilettanti dell' odierna italica politica (se di politica, ahinoi!, è ancora lecito parlare). E ancora una volta l'occhio impassibile della cinepresa ha mostrato URBI ET ORBI di quanta e quale considerazione godano le istituzioni democratiche e la maggioranza (seppur risicata, ma sempre maggioranza) degli elettori abitanti all'interno dell'espressione geografica di metterniciana memoria. E ancora una volta si è potuto tristemente constatare quale devastante effetto provochi l'ignoranza delle più elementari regole comportamentali che sono non solo alla base della cosiddetta "democrazia" (di cui si riempiono la bocca, a ogni pié sospinto, certi sedicenti quanto estemporanei tribuni di un non meglio definito "popolo"), ma anche della semplice e quotidiana civile convivenza. E ancora una volta la stragrande maggioranza dei "cittadini" repubblicani ha dovuto subire l'ingiuria becera e gratuita di una minoranza (a sua volta mandata "colà dove si puote ciò che si vuole" da elettori dislocati in non più di cinque regioni, delle venti che costituiscono la penisola italiana) che con incredibile protervia e violenza ha inscenato la solita, indegna, gazzarra in un luogo che dovrebbe essere il SANCTA SANCTORUM della tolleranza, del civile e democratico confronto, del dibattito politico; in quello stesso luogo mai più così pesantemente insultato e violentato (come ormai avviene da un buon ventennio) dal 1922, quando un altro burbanzoso "politico" transpadano ebbe l'arroganza di dichiarare che avrebbe potuto "trasformare quest' aula sordida e grigia in un bivacco di manipoli". Ma qui è ora di finirla, con certi atteggiamenti gravemente lesivi della dignità non solo delle massime istituzioni, ma anche del concetto stesso di "democrazia" (ammesso e non concesso che al giorno d'oggi possa essere sopravvissuto qualche misero brandello di essa). Bisogna porre un freno a certe perniciosissime tendenze che, se non adeguatamente combattute e scoraggiate, non porteranno a nulla di buono. Si è abusato abbastanza di urla, grida, fischi, cappi vergognosamente esibiti, ingiurie, slogan offensivi e tendenti a tacitare l'avversario "politico" e via dicendo; altrimenti altro che 1922! Questi, se lasciati fare, prima o poi arriveranno a fare carne di porco delle istituzioni democratiche, le quali avranno tutti i difetti possibili e immaginabili, ma garantiscono (o almeno ci provano) libertà e giustizia sociale, ponendosi al di sopra di parti, corporazioni e interessi vari. Tutto il contrario, cioè, di ciò che vorrebbero certi individui che spadroneggiano in forza di un vot o espresso da una evidente minoranza dislocata in una ben precisa e circoscritta area geografica. "Fuori i barbari!" dalla politica italiana, dunque. Perché faccio un tale discorso?!. Semplice: per far sì che l'elettorato dell'Italia peninsulare e insulare (e in particolar modo quello residente nell'ex Regno delle Due Sicilie) cominci a fare i propri interessi e non quelli di un certo ceto imprenditoriale il cui unico scopo è quello di farsi gli affaracci suoi anche a costo di buttare a mare i ceti più deboli e svantaggiati di un sistema politico-economico sempre più vantaggioso per loro e spietato e iniquo per gli altri (i quali, guarda caso, vivono nell'ex Regno borbonico!). Cari compatrioti, il giorno in cui dovessero essere indette nuove elezioni, non date ascolto a quei signori (tra cui, purtroppo, si trovano anche molti "meridionali") che fanno, in un modo o nell'altro, il gioco e gli interessi di chi disprezza le istituzioni, la solidarietà sociale e nazionale e, non scordàtelo, anche i borbonici. Se ora come ora non c'è un partito in grado di catalizzare i vostri (i nostri) interessi e la vostra fiducia, non vuol dire che bisogna rassegnarsi a lasciare in mani aliene e indifferenti i nostri destini. I Neoborbonici stanno lavorando sodo, per riconsegnarci quel grande futuro brutalmente strappatoci centoquarantasette anni fa. Ma i Neoborbonici non sono solo De Crescenzo, Marro, Spagnuolo, Davide Cristaldi, Alessandro Romano e tanti altri che mi perdoneranno se non nomino. I Neoborbonici siamo e dobbiamo essere tutti noi, che siamo abitanti od originari delle Due Sicilie. Qui dobbiamo finirla, una volta per tutte, con il solito ritornello: "Franza o Spagna, purché se magna". Qui è ora che si crei una valida alternativa a quella dei tradizionali partiti che, mi pare, sono pervenuti a uno stato tale che non sarebbe sbagliato etichettare con l'abusata frase di: "crepuscolo degli dèi". Qui, se non ci muoviamo, tra un paio di decenni ci ritroveremo a piangere su un cumulo di macerie. "Scetiàmoci", dunque; e nel frattempo, visto che non si possono fare miracoli, cerchiamo di limitare i danni dando il nostro consenso a quello o quelli che tra due mali rappresentano il minore. O no? Con affetto. Gabriele Falco |
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