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Fileno Briganti PDF Stampa E-mail

 

Fileno Briganti

Chieti 1/5/1802 - Mileto 25/8/1860

Generale

Abruzzese di Chieti, figlio del capitano Annibale, fu ammesso alla Nunziatella il 3 febbraio 1815, 4 anni dopo ne uscì con il grado di sottotenente di artiglieria.

Partecipò alla difesa di Messina nel 1848, fu ferito alla testa nella battaglia di Taormina, da quel colpo, purtroppo per il Regno, non si riprese più.

Quando il generale Bortolo Marra fu sollevato dall'incarico del comando della 3 brigata di stanza a Reggio, il Pianell pensò subito a lui per la sostituzione, così il I agosto 1860, promosso generale di brigata, fu inviato al comando in Calabria

Commise una serie ininterrotta di errori, di titubanze, di fellonie, che portarono alla catastrofe le truppe borboniche.

La sua brigata era composta dal 1° reggimento di fanteria e dal 14° col colonnello Dusmet e di una batteria di cannoni comandata dal capitano Carrascosa.

Invece di rimanere in città, preferì allontanarsi verso Villa S. Giovanni, lasciando a Reggio il Dusmet con solo 8 compagnie, aprendo così le porte della città a Garibaldi; nel tentativo di riprendersi la città, attaccò i garibaldesi solo con la fanteria lasciando inspiegabilmente l'artiglieria nel forte di Altafiumara.

I duemila soldati borbonici, senza l'artiglieria, nulla poterono fare oltre che lasciare sul campo di battaglia piu' di 200 soldati, nonostante ciò i nostri volevano proseguire lo scontro ma il generale ordinò la ritirata, causando la capitolazione di Reggio.

A questo punto il Briganti venne a contatto col garibaldino Salomone, ex allievo della Nunziatella, Salomone portò Briganti da Garibaldi, e fu visto confabulare amabilmente col nizzardo, tanto da far nascere il sospetto di tradimento nei soldati napoletani.

Abbandonò Reggio alla volta di Napoli, ma lungo la strada si imbattè,a Mileto, con i reparti della disciolta brigata da lui comandata, Briganti andò incontro al suo triste destino, non appena i soldati lo videro, iniziarono a lanciargli invettive, finche' dal mucchio partì un colpo di fucile al quale ne seguirono molti altri.

Tempo dopo, Berardino Milon, suo capo di stato maggiore scriveva a Lodovico Quandel: ''Nulla assolutamente nulla fece quel generale ed invece era nella posizione invidiabile di salvare l'onore delle armi napoletane'' ed ancora ''io ritenevo più possibile ad un generale farsi saltare le cervella che subire quella umiliazione''.

Purtroppo, per l'onore borbonico, solo pochi ufficiali finirono come Briganti.  

 

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