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Sulle tracce di Pisacane PDF Stampa E-mail

Il Corriere del Mezzogiorno (Corriere della Sera) di oggi, 30.05.07, dedica, nella pagina della cultura, un articolo a Carlo Pisacane: “Altro che Mazzini e Marx, il fondatore della sinistra italiana fu il romantico Carlo Pisacane.

 

In esso si ripercorre brevemente la vicenda pubblica e la vita privata di Carlo Pisacane, rifacendosi al lavoro dello storico delle idee politiche Luciano Russi, professore ordinario all’università La Sapienza.Tralascio tante cose che potrebbero dare spunto a infinite discussioni soffermandomi su una sola di esse. In fuga, definita per amore, in varie capitali europee, nell’articolo si afferma che il romantico eroe napoletano, in esse conobbe la condizione delle classi popolari e, così, maturò la sua “visione di democrazia dai contenuti sociali

 

Ecco, mi chiedo: se si trovava a Londra e a Parigi, come poteva conoscere la situazione del Regno delle Due Sicilie? Come poteva sapere se la condizione dell’operaio napolitano era migliore o peggiore di quella dell’operaio inglese o francese?

Lo chiedeva agli altri esuli delle Due Sicilie!

Sì, va be’… ma questo è come chiedere all’acquaiuolo se è fresca l’acqua che ti vuole vendere!!

E, infatti, la condizione dell’operaio delle Due Sicilie (…e dei contadini e, in definitiva, proprio di quelle classi popolari che sembravano stargli a cuore) era migliore di quella dei suoi pari d’oltralpe: l’orario di lavoro era più breve di qualche ora; non vi era sfruttamento del lavoro minorile; in alcuni opifici vi era una sorta di assistenza sanitaria e di gestione dai contenuti sociali; i dipendenti statali avevano diritto alla pensione ecc.

Insomma: si stava meglio qui, nel regno di Ferdinando II.

 

Pisacane morì, si sa, e forse per lui fu un bene: se amava veramente questa Terra e il suo Popolo (sia pure partendo da presupposti sbagliati e giungendo, quindi, a conclusioni errate), se fosse sopravvissuto agli eventi cosiddetti unitari (diventando magari anch’egli senatore del Regno d’Italia) sarebbe andato ad ingrossare anche lui la schiera dei vari Fortunato, Bruno, Polsinelli, Ricciardi, Valenti, Pisanelli … ecc  che, battutisi strenuamente per l’unificazione, si pentirono poi amaramente di averlo fatto.

 

Sì, perché se anche avesse avuto sensi e cervello obnubilati ed ottunditi, avrebbero pensato gli stessi protagonisti dell’Altra Parte a ricordargli che qui, nell’ex regno dei Borbone, il processo unitario aveva prodotto un male immenso (Vittorio Emanuele II) e che l’unità aveva, da noi, “cagionato solo squallore e suscitato solo odio” (Garibaldi).

 

Morì prima di vedere gli effetti di ciò per cui si era battuto

 

… Mi piace pensare che Qualcuno, con lui, volle essere misericordioso.

 

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