Le deboli recenti proposte del Governo italiano a favore del Sud: un semplice palliativo ad una situazione disperata Da un recente rapporto di Unioncamere emerge che l’Italia nel suo complesso cresce ma il Sud purtroppo ancora arranca. Infatti solo il 26% delle imprese meridionali ha aumentato nel 2006 il suo fatturato mentre ben il 22% ha purtroppo subito una flessione. Anche lo stato di benessere delle famiglie mette in evidenza il divario fra Nord e Sud: il reddito pro-capite delle famiglie infatti è inferiore di ben il 38% rispetto al resto dell’Italia. Il Pil pro-capite al Sud è di 16.695 euro contro i 28.240 euro del resto d’Italia (vale a dire il 41% in meno). Il reddito disponibile pro-capite è di 11.591 euro contro i 18.561 euro del Centro-Nord (cioè il 38% in meno). Il patrimonio per famiglia è di 232.561 euro contro i 393.013 euro del Centro-Nord (ovvero il 41% in meno), con una netta prevalenza di abitazioni e terreni (71%) sulle attività finanziarie (29%). La produttività del Sud è inferiore del 13% rispetto alla media italiana. Il contributo del Sud al Pil nazionale relativo al turismo è appena il 14%. Le previsioni mondiali sul mercato turistico 2007/2017 indicano una crescita media annua del 9,6% della Cina, del 7,9% della Croazia, del 5,4% dell’Egitto, del 4,5% della Turchia, del 4% del Marocco, del 3,9% della Grecia, del 3,8% della Tunisia, del 3,0% della Spagna, del 2,9% della Francia; l’Italia è solo al 2,0% ma in realtà per le Due Sicilie si prevede una percentuale addirittura molto più in bassa. Tutte le nostre bellezze artistiche, storiche, paesaggistiche non meritano una posizione tanto lontana da altre realtà che sicuramente hanno molto meno da offrire in termini di valore intrinseco. Il Governo italiano vorrebbe proporre quindici zone franche urbane (Zfu) da istituire nel Sud, il credito di imposta sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato e la detassazione per cinque anni dei redditi d’impresa. Queste misure potrebbero avere il beneplacito della UE, come ben sappiamo altrimenti contraria ad aiuti di Stato distorsivi della concorrenza. Il punto è che ci dobbiamo convincere che l’Italia è composta da due differenti Paesi, il CentroNord ed il Sud con tradizioni, culture, storie e soprattutto condizioni socioeconomiche purtroppo diverse e troppo lontane fra di loro. In Unione Europea non ci sono altri Paesi con differenze economiche così marcate per cui giustamente non si consentono aiuti di Stato ad un’area particolare perché si finirebbe per favorire , in ultimo, le zone più ricche dello stesso Paese. Ribadisco: il CentroNord ed il Sud sono due paesi troppo distanti l’uno dall’altro; il Sud fino al 1860 era il terzo Paese al mondo per sviluppo industriale e, per tornare a crescere, deve godere di una propria autonomia economica per essere in grado di competere efficacemente con gli altri Paesi europei e non si può accontentare dell’istituzione di una quindicina di zone franche. Autonomia economica significa autonomia di scelte di politica economica specifiche per gli interessi e le peculiarità del nostro territorio e della nostra gente. Il traguardo dell’autonomia economica è l’unico obiettivo da perseguire nei prossimi anni. Zone franche e altri palliativi non faranno crescere la nostra economia ma consistono esclusivamente in una debole iniziativa che non aiuterà mai a colmare il divario con il resto dell’Italia. Dobbiamo riprendere il mano il nostro destino senza aver paura del futuro ma, al contrario, guardando lo stesso con fiducia e coraggio. Altri Paesi Europei, anche del Sud, ce l’hanno insegnato proprio recentemente. Se ce la stanno facendo gli spagnoli – solo per fare un esempio - non vedo perché non dovremmo farcela noi Duosiciliani. Luca Longo |