Il grande malato dell’ Italia e dell’Europa è la Campania per la condizione di estremo degrado che è davanti a tutti. Le origini di tante disgrazie le conosciamo e stanno affiorando sempre di più nell’opinione pubblica più consapevole. Cause individuate nell’evidente perdita di autonomia politica e culturale della nostra terra. Il centro decisionale e culturale del Sud ha subito la maggiore crisi della finis borboniae, con uno stato di raggiunta calamità sociale, economica ed ambientale. Le reazioni a questo declino sociale, economico e antropologico, esistono ma sono piccola cosa rispetto all’avanzare del male. Una decadenza mastodontica sta togliendo il respiro a generazioni di campani, travolgendoli in un vero e proprio cataclisma. Una distruzione che non aveva portato l’ultima guerra o la crisi economica o il terremoto. Certamente l’accettazione delle teorie e prassi emergenziali ha fatto perdere di vista ogni senso minimo di risposta adeguata, un sentimento di acquiescenza storica permea tutti, anche gli ambienti più attrezzati per reagire. La riduzione del dissenso a piccole cripte culturali è la politica del sistema che adora le opposizioni narcisiste ed intelligenti come quelle stupide ed inadeguate, opposizioni che servono tutte a giustificare la libertà di opinione, specie se esercitata in campi innocui e più lontani possibili dall’attualità. La vita stessa sta sfuggendo dalla Campania con un esodo che continua a dissanguare città e paesi. Una teoria della sopravvivenza non scritta porta via i migliori in cerca lorenzianamente, di spazi vitali dove far crescere la propria progenie. Tutto questo nel silenzio generale di forze e gruppi che si mimetizzano in una foresta di niente in attesa della distruzione prossima ventura. Intanto disonore e miseria piovono sulla nostra gente come se fosse il fatto più naturale del mondo. Il callo mentale a subire sembra una condanna storica che impedisce di capire le condizioni reali del momento ed in queste condizioni si trova facilmente rifugio in arcadie senza tempo, dove l’eroismo si profonde in forme metareali e oniriche. L’esempio storico di movimenti autenticamente legati alla propria terra esiste e certamente non si perde nel solipsismo pseudoculturale. Basta pensare al movimento autonomista corso, fondamentalmente realista, concreto e allo stesso tempo ideale. Una fusione ottimale di aderenza alle condizioni contingenti con il richiamo a valori identitari. Chiunque ha cercato di stravolgere la vita dei corsi ha trovato un ostacolo formidabile sul suo cammino, fossero gli speculatori del continente che volevano erigere palazzine senza controllo o i prefetti metropolitani che volevano imporre i diktat di Parigi. Persino l’immigrazione ha trovato uno stop politicamente scorretto da parte di chi difende la propria terra senza problemi o pregiudizi contro tutti i nemici. Questo è un esempio di forza vitale determinato da una minoranza attiva che ha deciso di difendere una certa idea del Paese in cui vive. Una scelta di lotta che ha certamente trovato altro terreno che quello nostro ma che comunque s’è posta con altre prospettive sul campo. Prospettive ideali ma anche reali senza ghettizzarsi nel quartiere della storia ma pensando di fare ed agire nel presente. I Corsi ricordano e sentono lo spirito di Pasquale Paoli, il padre della patria, ma non stanno certo tutto il tempo a discettare dei trascorsi antichi e delle belle storie d’antan. Lo stesso è per gli irlandesi che pur legati alle loro memorie antichissime hanno spostato il tiro della loro azione sulle questioni sociali, sul potere economico, sul sistema politico già dai tempi di Michael Collins . I fiamminghi più che rievocare la distruzione della torre di Dixmude badano a controllare i comuni bruxellesi in base alle quote linguistiche e gli alsaziani , bretoni ed i provenzali cercano di preservare le loro terre dall’inquinamento parigino. Questi sono esempi di movimenti identitari che hanno fatto scuola…. Pasquale Costagliola |