Le dinamiche dell’emigrazione interna in Italia: Centro Nord contro Sud Recentemente è stata pubblicata una statistica dell’Istat che analizza, fra gli altri, il saldo migratorio interno ovvero la differenza degli iscritti per trasferimento di residenza da altro Comune e quelli cancellati per trasferimento in un altro Comune, su mille abitanti. Tra le 107 province italiane considerate si evince che la distanza tra la migliore (Pavia con +10,7) e la peggiore (NAPOLI con -7,9) è abissale. Comunque è tutto il Centro Nord ad evidenziarsi come polo catalizzatore: tra le prime province per saldi migratori ci sono infatti quelle lombarde, le emiliano-romagnole e le toscane. A livello regionale le aree con segno negativo sono tutte quelle del Sud: Campania, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia, Molise. A livello provinciale troviamo Napoli con -7,9 abitanti su 1000, Agrigento -3,2, Caltanissetta -5,5, Catanzaro -3,6, Crotone -7,6, Foggia -6,6, Matera -3,4, Palermo -3,1, Potenza -3,6, Reggio Calabria -4,7, Vibo Valentia -5,7 e tante altre con valori inferiori. La ragione di questi flussi migratori interni risiede tutta nelle difficoltà economiche delle nostre terre: proprio la nostra antica Capitale è la peggiore delle 107 province italiane; sappiamo tutti che prima del 1860 in pratica non esisteva emigrazione, né interna né all’estero, oppure se c’era esprimeva flussi diametralmente opposti ovvero erano le Due Sicilie che accoglievano gli emigranti dal resto d’Italia (e quindi si parla di immigrazione). Dopo essere stato il terzo Paese al mondo per sviluppo industriale ed aver perso tutta la fase dell’espansione economica occidentale stiamo perdendo anche il bene che è ancora oggi più prezioso: il Capitale Umano. Per non perdere più tempo e risorse umane bisogna quindi tornare ad avere una economia autonoma, svincolata dal resto d’Italia in accordo con le leggi esistenti: ci sono 10 Comuni che chiedono di passare da una Regione all’altra, per esempio dal Veneto al Trentino o al Friuli o dal Piemonte alla Val d'Aosta (tutte Regioni a Statuto autonomo), o dalle Marche all’Emilia-Romagna. Quasi sempre i motivi di questa “secessione” sono di origine socioeconomica per usufruire di migliori condizioni fiscali concesse dallo Stato italiano. Anche le Due Sicilie si possono fondere in un’unica Macroregione a Statuto autonomo. E’ previsto dalla Costituzione. Potrebbe essere questo il primo passo nella direzione di una maggiore autonomia. L’unica che può dare un futuro alle nostre terre. Luca Longo |