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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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Risposta a "Chi siamo?"-Gabriele Falco PDF Stampa E-mail
Risposta a "Chi siamo?"
A mio parere ora come ora non è tanto importante sapere chi siamo (poiché se ci ritroviamo a discutere sul sito dei Neoborbonici è evidente che sappiamo benissimo quale sia la nostra identità), quanto sapere quanti siamo, cosa vogliamo e come lo vogliamo ottenere.
Ciò premesso, a proposito della prima domanda prendo per buona la risposta di Gonzalo, secondo il quale siamo tantissimi, e pongo la seconda domanda, a proposito della quale devo osservare che la risposta non è, al momento, di quelle che si possono dare a cuor leggero e in maniera da soddisfare tutti. E la ragione di tale convincimento, purtroppo, personalmente la individuo nella stessa causa che 147 anni fa ci costò la perdita della comune Patria: la mancanza di un centro e di un ceto politico effettivamente aggreganti per le nostre genti e Istituzioni, con un conseguente particolarismo che, se da un lato garantiva una discreta autonomia alle allora singole Università del Regno, dall'altro si dimostrò il più formidabile alleato dell'invasore subalpino. Si sa che una minoranza ben organizzata ha sempre la meglio sulla maggioranza disorganizzata (questa è la legge che sembra essere alla base delle moderne "democrazie". E la riprova, per noialtri abitanti della penisola italiana è cost
ituita dal fatto che quattro gatti di industriali cispadani continuano a fare il bello e il cattivo tempo da circa un secolo e mezzo di storia "unitaria").
Per tornare ai giorni nostri, in questi ultimi tempi, navigando su Internet, mi sono imbattuto in non meno di sei-sette siti che, in un modo o nell'altro, sembrano riecheggiare le istanze dei Neoborbonici. Qualcuno dirà che ciò è un bene, perché più si è meglio è. Io dico che più si è e meglio è se si procede con unità di intenti; altrimenti non si va da nessuna parte. Allora sarebbe il caso di sedersi tutti attorno a una (per il momento) virtuale Tavola Rotonda e cominciare a discutere in termini concreti su ciò che si vuole. A tal proposito, parafrasando l'Abate Sieyés, che alla vigilia della rivoluzione francese, partecipando al dibattito per la convocazione degli Stati Generali, ebbe modo di divulgare il suo celebre opuscolo intitolato: Che cosa è il terzo stato?, verrebbe anche a me di scrivere: "Che cosa è stato finora il Meridione nell'ordinamento politico italiano? Nulla. Che cosa chiede? Chiede di essere qualcosa".
In buona sostanza, intendo dire che la nostra Nazione ha bisogno di cominciare a far sentire la sua voce. E per far ciò non serve apparire (almeno per il momento) su riviste e TV, ma rimboccarsi le maniche per formare e creare una classe politica meridionale capace di interessarsi  al bene comune d'Italia e alla salvaguardia del Meridione in tutti i suoi aspetti. E per far ciò non occorrono atti più o meno plateali, non occorrono vergognose e discutibili messinscene di barbari di nome e di fatto, non occorrono Masanielli, non occorrono, insomma, atti e personaggi i quali tutti, forse, potranno anche regalare momenti di inebriante euforia popolare (e magari anche qualche consenso in più), ma non contribuiranno mai a dare dignità e serietà a rivendicazioni di sorta; né salvaguarderanno la coesione sociale e nazionale, elementi su cui si fonda la vera e sola stabilità politica di qualsiasi Stato degno di questo nome.
Se si lavorerà bene in tal senso, saranno quegli stessi sedicenti "organi di informazione" a cominciare a interessarsi di noi; e saranno quegli stessi Palazzi del potere che oggi possono permettersi il lusso di ignorarci a chiederci, in futuro, collaborazione e appoggio.
E a questo punto vengo alla terza domanda: come ottenere ciò che vogliamo? Semplice: partendo dalla Tavola Rotonda virtuale (leggasi Internet) per poi arrivare a una riunione di delegati i quali avranno l'oneroso compito di creare un vero e proprio movimento politico in grado di mietere voti al Sud. Voti tali da riusscire a mandare a Roma esponenti in grado di cominciare a fare anche, finalmente, i nostri interessi.
Ma tutto questo si potrà fare solo quando il Sud si renderà conto che le cose potrebbero effettivamente cambiare in meglio solo dando fiducia ai più meritevoli e onesti dell'ex Regno, e non certo a chi ha sempre fatto finta di interessarsi ai suoi gravi problemi mai risolti, perché così facendo certi politici non avrebbero più un sicuro bacino di utenza in una popolazione ora facilmente orientabile perché tenuta sempre in campana da speranze e promesse puntualmente disattese.
Neoborbonici di tutte le province, unitevi! Uniamoci! Il nostro futuro (e soprattutto quello dei nostri figli) cominciamo a costruircelo da soli (e quel che più conta: nel rispetto di esseri umani e ordinamenti civili e politici).
Se i miei non vi sembrano vaneggiamenti, se ci siete, battete un colpo!
Grazie per l'ospitalità.
Gabriele Falco
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