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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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Lettera ai Terroni. PDF Stampa E-mail
Cari compatrioti,
prima di tutto consentitemi di ringraziare il  Signor Marro, il quale nel suo resoconto della commemorazione celebrata a Civitella del Tronto ha voluto onorarmi più del dovuto, citandomi tra i simpatizzanti del Movimento.
Grazie di cuore, Signor Marro!
Ciò premesso, riporto di seguito una lettera che fa parte di un volume di prossima pubblicazione (che provvederò a inviarvi, poiché un'altra delle sue dieci lettere è indirizzata ai Borbone) intitolato LETTERE AI "CATTIVI", nella speranza di dare il mio modesto contributo alla (auspicabile)cancellazione di uno dei luoghi comuni più odiosi e vergognosi circolante tra il "vulgo disperso che nome non ha" abitante sulla penisola italiana (la quale, per quanto mi riguarda, continua purtroppo ad essere ancora come l'aveva definita il Metternich: "una semplice espressione geografica").
Vorrete, spero, perdonare eventuali imprecisioni (la lettera risale a una decina di anni fa).
Gabriele Falco
(italiano di lingua, non di costumi).

AI TERRONI
Cari compatrioti ( e dico: compatrioti!),
questa lettera la stavo meditando da tanto tempo, ma le parole mi si affollavano in testa con una tale irruenza, con un tale turbinio, che alla fine non riuscivo a buttare giù due righe decenti.
Ma non starò a parlare di questa mia difficoltà espressiva proprio ora che, a quanto sembra, i pensieri mi si presentano in forma meno aggrovigliata e pletorica, perciò vengo subito al motivo che mi induce a scrivervi.
Subito dopo l'unità della nostra disgraziatissima nazione si determinò, e in maniera sempre più preoccupante, il divario esistente tra un Sud povero e arretrato e una parte del Nord ricca e sviluppata.
E dico "una parte del Nord" e non il Nord intero, poiché questi erano i fatti e mi irritano profondamente quei libri di Storia che, per sciatteria o malafede, continuano a generalizzare una situazione di benessere ed economia florida a tutta la parte settentrionale della nostra penisola.
Faccio una tale precisazione affinché gli anti-sudisti di quel Norditalia in cui l'opulenza è comparsa solo da qualche lustro in qua mèditino, se ne sono capaci, sul loro recentissimo passato di indigenza, miseria, sottosviluppo, analfabetismo, emigrazione, prima di lanciare nei vostri confronti accuse infamanti ed epiteti carichi di odio e disprezzo.  Pensino, costoro, che se le loro terre oggi sono ricche lo debbono anche al lavoro dei tanti figli del Sud costretti ad abbandonare le proprie case, i propri affetti e i più cari ricordi, perché una classe dirigente (o, meglio: "digerente", in quanto ha mangiato tutto ciò che c'era da sbafare) interessata al suo "particulare" e non al bene della collettività ha pensato bene di continuare a far crescere insediamenti produttivi ed economia laddove già ce ne erano e di far piombare prima, e mantenere dopo, in condizioni di estrema miseria le popolazioni dell'ex Regno delle Due Sicilie, considerato fino ai giorni nostri un feudo della partitocrazia che ha segnato la fine, ingloriosa, della cosiddetta "prima repubblica" (Tangentopoli DOCET) e continua, purtroppo, a contrassegnare il cammino della (si fa per dire) "seconda".
    Lo sbaglio (o il freddo calcolo) fatto dai politici dell'Ottocento, dunque, è continuato ininterrottamente fino ai nostri giorni e il divario tra Nord e Sud, anziché diminuire, è diventato via via sempre più marcato e, forse, irreversibile. Ecco come il "re galantuomo" e i suoi ministri raccolsero il celebratissimo "grido di dolore" delle genti dell'Italia meridionale ed ecco in che maniera i "campioni" dell'era repubblicana hanno promosso l'uguaglianza tra i cittadini della penisola!  Miseria e disperazione avevate prima e disperazione e miseria avete ora, cari abitanti della "Terronia", che non potete dirvi neanche "figli di un dio minore", in quanto poter contare su un dio, foss'anche di serie B o di Terza categoria, sarebbe pur sempre un privilegio.
    Ma a proposito di vocaboli come "Terronia" o "Terrone", debbo rilevare che essi sono carichi di una forte connotazione dispregiativa. "Terrone", secondo coloro che con tale epiteto vorrebbero imprimervi a fuoco il marchio dell'ignominia, significherebbe bifolco, cafone, villano, buzzurro, ignorante, rozzo, essere inferiore, primitivo e chi più ne ha più ne metta. Non hanno capito niente!  E niente di niente hanno capito quei vostri denigratori figli di agricoltori e coltivatori dei campi essi stessi.  Infatti terrone significa lavoratore della terra, contadino (e quindi cafone, bifolco, villano, senza alcuna valenza negativa.  Quella gliel'hanno data, nel corso dei secoli, le classi parassitarie e gli sfaccendati a vario titolo). A questo punto è lecito chiedersi: "C'è forse da vergognarsi a fare il contadino?" Boh!  Chi la capisce, certa mentalità, è bravo.
    Se c'è un'attività di primaria importanza in qualsiasi società (dalla più arretrata alla più progredita), questa è quella dell'agricoltore; poiché se nessuno lavorasse la terra non si mangerebbe più, fabbriche o non fabbriche!  E poi vogliamo dimenticare il ruolo che l'agricoltura ha avuto nella storia della civiltà?  Ma se l'uomo esce dalla preistoria proprio dal momento in cui si inizia la coltivazione della terra!?!!  Con essa, checché se ne dica, gli esseri umani cominciano ad andare verso la Storia, la Civiltà e il Progresso e smettono di errare dietro la selvaggina da un capo all'altro della Terra, senza arte né parte.  Le prime forme di stanziamento umano sono una sua diretta conseguenza.  Quindi la città è nata grazie all'attività agricola,  che richiedeva una permanenza stabile in un dato luogo.
    Così stando le cose, è evidente che la civiltà è un prodotto dell'attività agricola e che di conseguenza il termine "terrone" dovrebbe significare: "persona civile".
    Sarebbe opportuno, allora, che coloro i quali usano tale vocabolo per schizzarvi in faccia il loro velenoso astio, tenessero presenti queste considerazioni. INDOCTI  DISCANT, come si dice.  E sarebbe bene che chi va cianciando di secessionismi o di altre assurdità e sconcezze varie tenesse presente o ricordasse (ma sa farlo?) come per costruire l'Italia "unita" siano morti sia Gennarino Esposito che Ambrogio Brambilla e come ogni regione italiana abbia aderito  all'allora Regno d'Italia con un plebiscito sulle cui modalità si potrà anche discettare fin che si vuole, ma senza falsare la storia (quella vera) a vantaggio di quanti attualmente hanno interesse nel suscitare fittizie e pretestuose "questioni" antitetiche a quella (unica e purtroppo vera) meridionale. Rifletta su ciò chi oggi vede nella separazione la panacea per dei mali che certo non sono dipendenti da un Sud "ladrone" ed infingardo, ma da ben altri fattori di ordine economico, sociale, politico e civile che c
 oinvolgono, chi più chi meno, tutti gli Stati del globo. Sarebbe, inoltre, onesto e doveroso tener presente che quel tanto disprezzato Meridione, corrispondente in massima parte all'ex Regno delle Due Sicilie, entrò a far parte dell'Italia tramite una vera e propria aggressione militare e conseguente annessione.
    Sì, è vero che al seguito di Garibaldi ci furono parecchi "picciotti", è vero che anche giù vi furono "liberi" plebisciti i quali sancirono l'unione del Sud al resto d'Italia, ma è altrettanto innegabile che chi partecipò a questi avvenimenti storici fu e rimase una ben esigua minoranza e che quando si riuscì a coinvolgere anche la popolazione lo si fece promettendo miglioramenti, quanto a condizioni di vita e distribuzioni di terra; promesse, queste, immancabilmente disattese alla fine delle operazioni militari e all'indomani della proclamazione del regno savoiardo.
    Come si vede, dunque, il ceto popolare combatté per delle cose concrete e non certo per degli ideali astratti come "riscatto della patria" o "unità" così lontani dalla sua dura vita quotidiana, dominata, prima e dopo l'avvento di Vittorio Emanuele II, dalla figura del barone, del conte, del marchese, del campiere, del soprastante; insomma dai cosiddetti "cappelli", come li chiama Giovanni Verga; figure le quali sono l'incarnazione di un potere che non è mai buono nei confronti dei "berretti", del popolo. Un popolo le cui condizioni peggiorarono, dopo il gattopardesco cambiamento intervenuto nella sua terra.  Prima di allora, almeno, il re non aveva preteso tasse assurde sul macinato o la coscrizione obbligatoria, la quale sottraeva alle famiglie valide braccia da lavoro per lunghi anni e in non pochi casi per sempre; portando, quindi, anche lutti e disperazione.
    Ma non occorre che mi dilunghi oltre intorno alla cosiddetta "questione meridionale", che chiunque abbia un minimo di cultura avrà imparato a conoscere attraverso lo studio  della Storia, la lettura di saggi o delle opere dei nostri scrittori veristi. Mi preme molto di più, invece, dire che il "grido di dolore" levatosi da queste contrade d'Italia, se ci fu ci fu innegabilmente dopo la loro "piemontesizzazione", imposta con metodi non so quanto fraterni e cristiani. I fatti di Bronte ne sono un tragico esempio. E che dire, poi, della strategia adottata nella lotta al "brigantaggio", che non fu un fenomeno dettato solo da una mentalità incline alla delinquenza?  A quanto dicono i fatti, i Piemontesi non si fecero tanti scrupoli, nel passare per le armi indifesi e innocenti abitanti di pacifici villaggi.
    Queste crudeli quanto inutili rappresaglie potevano contribuire ad avvicinare la popolazione borbonica al nuovo re, al nuovo Stato italiano e ai suoi rappresentanti?  Potevano non creare e consolidare quel tanto vituperato clima di sospetto, sfiducia e ostilità nei confronti dei funzionari piemontesi, o di omertà? Ma ci si è mai chiesti in che modo e quando lo Stato abbia fatto sentire la sua presenza nel martoriato Sud, in cui anche ai giorni nostri continuano a esistere occulti e minacciosi poteri trasversali che di fatto costituiscono un anti-Stato paradossalmente molto più efficiente di quello legittimo, tanto da imporsi, nella coscienza soprattutto del popolino, come un'alternativa a esso?
    Non intendo andare oltre, poiché dovrei addentrarmi in una trattazione quanto mai complessa e spinosa sulla presenza e diffusione della malavita organizzata, e a questo punto la mia non sarebbe più una semplice lettera, per scrivere la quale non occorre certo fare accurate ricerche storiche.
    Vale la pena, piuttosto, continuare a parlare della vostra "cattiveria", brutti terroni sfruttatori e opportunisti che non siete altro!
    Che cosa?.... Voi sfruttatori e opportunisti?.... E quelli che vennero a invadere il vostro regno, convinti di conquistare delle terre ricche, opulente, che avrebbero pienamente ripagato le spese sostenute per la guerra d'annessione, presentandosi come i paladini della libertà e della giustizia sociale, come debbono essere definiti?
    E sempre coloro i quali in pieno "boom" economico hanno chiamato manovalanza meridionale a frotte nelle loro fabbriche, fino a quando ne hanno avuto bisogno per fare i propri porci interessi, creando dei ghetti in cui alloggiare le "mani", come direbbe Dickens, e che poi, in tempi di recessione, hanno cominciato a mugugnare perché i terroni andavano a rubargli i posti?  E quelli che si sono intascati una buona parte del fiume di denaro pubblico destinato al Sud dalla ex Cassa per il Mezzogiorno, promettendo insediamenti industriali e posti di lavoro a destra e a manca e lasciando baracca e burattini, dichiarando fallimento o che so io, appena incassate le sovvenzioni statali, per parlare, poi, di Meridione sprecone, indolente, truffatore e alimentando, così, il malanimo e il risentimento di molta gente del Nord verso di esso?  E quelli che vorrebbero abbandonare al proprio destino i "Fratelli d'Italia" in nome di un'economia a dimensione più europea (e vorrebbero fare gli
  "europei" proprio essi, che non sanno fare neanche gli italiani?) e di un dinamismo che non può tollerare inciampi e palle al piede, per cui chi è in grado di stare al passo sta con loro e chi no vada in malora e si arrangi, anche se le sue precarie condizioni non sono colpa sua, ma di scelte sbagliate o fatte con i paraocchi da una classe dirigente sorda, nel tempo, ai vari "gridi di dolore"?
A proposito, inoltre, del vostro presunto furto di posti, vorrei chiedere a quegli abitanti del Nord i quali, pur avendo alle spalle un passato di emigranti oggi fanno i razzisti, se si siano mai sentiti dei ladri nello svolgere il loro lavoro in una terra straniera o se coloro che li ospitavano li abbiano mai chiamati tali; e se li hanno così bollati, come si sono sentiti dentro e cosa hanno provato.  Vorrei inoltre aggiungere che essere offesi dal primo venuto fa male, ma che si soffre di più quando ad offenderci sono persone -idiote- della nostra stessa razza, lingua e "cultura".  Già è difficile accettare di andare a stabilirsi in un luogo diverso da quello in cui si è nati e cresciuti, per vivere.  Se poi ci si mettono pure le discriminazioni e il risentimento di individui che non sanno ciò che dicono e fanno, buonanotte!
    Certo, è innegabile che tra voi vi siano individui indolenti, che campano di espedienti, che truffano il prossimo, che vivono al di fuori della legge o al limite di essa; che rubano, spacciano, non si lavano, puzzano; che sono invadenti, prepotenti, presuntuosi, coglioni, bastardi e chi più ne ha più ne metta.  Ma simili individui non si trovano, forse, anche tra i Settentrionali?  Anzi, non si trovano dovunque?
    Se dovessi fare un elenco delle persone sgradevoli che ho incontrato nel corso della mia vita dovrei starmene a scrivere per non so quanti secoli!  Tuttavia (e questo è poco ma sicuro) non sarei in grado di dare una collocazione geografica alla maleducazione, all'idiozia e alle tante piaghe che affliggono l'umanità proprio perché i difetti (lievi o gravi) sono propri di ogni popolo e non solo di una particolare etnìa.
   Ma i luoghi comuni, si sa, sono duri a morire e spesso prevalgono sulla ragione.  Per questo accade che nell'immaginario collettivo uno scozzese è tirchio, un inglese flemmatico, un tedesco militaresco, uno svizzero pignolo, un francese effeminato, un italiano indolente.  Può essere mai, dico io, che tutti gli abitanti di una nazione debbano avere in comune la stessa caratteristica?
    Seguendo un simile "ragionamento" uno che si trovasse in visita in un Paese straniero e fosse vittima di un malvivente cosa dovrebbe pensare degli abitanti del luogo da lui visitato, che sono tutti delinquenti? Dài, per favore!  Stiamo con i piedi per terra e assicuriamoci di aver inserito il cervello, prima di azionare la lingua!
    Di fronte a un simile modo di trarre conclusioni, mi viene in mente quel tizio il quale, morso da una formica, si mise a schiacciare tutte le altre che stavano insieme alla "colpevole". E' mai possibile che tra i Meridionali non vi siano persone per bene?  Nemmeno una?
    È vero che una volta, a quel che si legge nella Bibbia, accadde che i Messi dell'Onnipotente non trovarono un solo giusto all'interno di una città il cui nome è la corruzione per antonomàsia, ma è altrettanto sicuro che il fatto narrato nelle Sacre Scritture sarà stato più unico che raro e, in ogni caso, ha riguardato un numero di persone esiguo rispetto a quello esistente in un contesto ben più ampio di una città.
    Quanto ho appena detto, naturalmente, è valido anche per chi, tra voi meridionali, dà indiscriminatamente dei "Polentoni" a tutti i Settentrionali, giudicandoli anche freddi e insensibili.
    Mi pare che pure a sud di Roma ci siano persone che mangiano polenta e che sono poco calorose e niente affatto sensibili. O no?
    Noi Italiani, piuttosto che distinguere i vari Nord, Sud, Sud-Est, Nord-Est, Sud-Ovest, Nord-Ovest, le etnie "buone" e quelle "cattive"; o piuttosto che localizzare la bontà e la cattiveria dovremmo imparare a distinguere, invece, l'uomo per bene da quello che non lo è, altrimenti staremo sempre ad accusarci reciprocamente, da Sud e da Nord, di ogni possibile nefandezza e ad attribuirci, nello stesso tempo, quelle doti e virtù che mancherebbero ai "diversi".  Insomma, continueremo ad adottare due pesi e due misure!
    Non lasciamoci coinvolgere in questo sporco gioco, non lasciamoci avvolgere da una simile spirale di stupidità o prima o poi sarà la fine dell'Italia stessa.  A chi ci apostrofa chiamandoci "terroni" o "polentoni", rispondiamo che prima di tutto siamo italiani e poi ciò che si vuole; però non certo degli idioti, degli esseri inconsapevoli o dimentichi delle lacrime e del sangue che hanno bagnato ogni lembo della nostra povera terra, affinché un giorno potesse liberamente correre di bocca in bocca, dalle Alpi alle estreme propaggini degli Appennini, il nome di Italia.
    Chi continua a lanciare assurde accuse a una certa parte
della nostra nazione non può né deve essere ascoltato. Chi, poi, si spinge oltre parlando di secessioni, scismi, separazione e smembramenti vari, offende la memoria di quanti hanno sacrificato persino la vita, affinché potessimo un giorno chiamarci "Fratelli" e non "Caini d'Italia"!
    A proposito di coloro che predicano l'odio razziale, mi torna in mente quella favola esopica dell'uomo che per pescare batteva la superficie di un torrentello. "Ma se fai così intorbidi lacqua!", gli fece osservare un ragazzo.  Ed egli:
"Proprio per questo riesco a prendere pesci!". Chiaro il concetto?
    Però sto di nuovo andando via a briglia sciolta e mi conviene essere meno veemente nell'esposizione del mio pensiero (anche perché, come avrete notato, cari ex borbonici, corro il rischio di diventare deamicisiano e ciò, francamente, è l'ultima cosa che voglio. La retorica nasconde sempre l'imbroglio e io non voglio turlupinare nessuno).
    Tornando alla questione Nord-Sud, invece, mi appare opportuno far notare (semmai ce ne fosse bisogno) che una simile contrapposizione esiste in ogni nazione e non solo da noi (anzi, anche all'interno della Terra si distinguono un Nord sviluppato e benestante e un Sud sottosviluppato e povero).  Di conseguenza chi mostra di aver scoperto dove sarebbero i buoni e dove i cattivi d'Italia, non ha fatto nulla di eccezionale.
    Basterebbe ricordare a costoro, invece (con l'ausilio della Storia), come sia opinabile il concetto di bontà o di cattiveria, per smantellare le loro assurde, anacronistiche ed empie "teorie". Ripercorrendo a ritroso le diverse epoche della "civiltà" umana, non posso fare a meno di ripensare a quell'imbianchino (o faceva il pifferaio?) austriaco, un certo Adolfo (così mi pare che si chiamasse) il quale pretendeva di dividere la popolazione mondiale in due categorie: quella della razza superiore, pura e incontaminata e quindi, giustamente, dominante, e quella delle razze inferiori, destinate a essere, logicamente, asservite alla prima.  Facile immaginare chi fossero, per costui, i "buoni" e chi i "cattivi".
    Mi pare di ricordare, se la memoria non mi inganna, che il tipo finì male; tuttavia fece in tempo a causare una immane tragedia, poiché c'erano stati degli stupidi che gli avevano dato ascolto e si erano lasciati avvelenare i cuori dalla sua abbaiante "oratoria".
    Neanche posso fare a meno di tener presente, andando più indietro, ciò che successe negli Stati Uniti d'America nel periodo 1860-1865.
    La contrapposizione tra Nord e Sud, da quelle parti, sfociò in una sanguinosissima guerra alla fine della quale vinsero i "buoni" (chissà perché le guerre vengono vinte sempre da loro!), i quali avevano dato addosso ai cattivi perché costoro maltrattavano esseri umani con il torto di avere la pelle nera.  I negri, poveretti, si riversarono in massa nelle città dei "buoni", pieni di entusiasmo e fiduciosi in una calorosa accoglienza.
    Ebbene, ci credereste?  Stanno ancora cercando di capire perché molti dei loro "liberatori" gli sbattano la porta in faccia e li disprezzino allo stesso modo dei loro antichi padroni.
    Domanda da cento milioni di euro: "Dove sono i buoni e dove i cattivi?"
    Altre domande mi vengono alla mente a proposito, questa volta, di onestà e disonestà:  la vicenda di Tangentopoli ci ha fatto conoscere innumerevoli quanto insospettabili reprobi. Chi può dire con assoluta certezza che i furfanti presi con le mani nel sacco siano solo Meridionali (o Settentrionali)? Chi può gridare a cuor leggero: "Roma ladrona", visto che nella capitale sono confluiti ladri di stato da ogni dove, da quanto si è potuto constatare?
    Qualcuno, forse, potrebbe far osservare che il REPULISTI partito è da Milano (ex "capitale morale" dell'Italia), quindi dal Nord onesto, laborioso e capace di autocritica.
    Ma qualcun altro potrebbe obiettare, e non a torto, che l'artefice di "Mani pulite" è stato un sostituto procuratore figlio di quel Sud "disonesto" e "scansafatiche" di cui si favoleggia da troppo tempo, specie in certi ambienti.
    E allora?
    Uno a uno e palla al centro.
    Però se fossi io l'arbitro di una simile partita, fischierei senz'altro la fine e consiglierei alle rispettive Società di fondersi e creare un'unica squadra, senza dubbio più forte e competitiva per affrontare i tornei delle coppe europee.
   
Con simpatia.                                                                              
 Gabriele Falco
< Prec.   Pros. >
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