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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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Home arrow Le tue lettere arrow Le tue lettere arrow Salvia di Lucania- Lettera al sindaco

Salvia di Lucania- Lettera al sindaco PDF Stampa E-mail

Egregio Signor Sindaco.

 

Le scrivo a proposito della visita che, a giorni, i Savoia faranno nella Sua cittadina.

Mi consenta questa intromissione che faccio, spero, in punta di piedi, essendo chiaro che Lei, nelle vesti di Sindaco, e i suoi amministrati in quanto cittadini dotati di libero arbitrio, siete liberi di decidere di voi stessi, del vostro Comune e del vostro destino e, quindi, potete accogliere chi e come volete.

 

La visita dei Savoia ha, però, risvolti più ampi, tali da riguardare anche me, cittadino di altro comune, i miei figli e, come è stato già nel passato, il futuro di questa nostra Terra.

 

Solo per questo, mi creda, mi permetto di rivolgermi a Lei per una visita che avviene nella Sua cittadina.

 

Non so che cosa Lei pensi del risorgimento e dei suoi protagonisti: può darsi che sia giunta alle mie stesse conclusioni prima e meglio di me, ma quel che è certo è che il primo dovremmo valutarlo alla luce degli effetti che ha avuto su questa nostra Terra e i secondi dal comportamento da essi tenuto durante gli eventi risorgimentali. Nel farlo vorrei attenermi allo spirito suggerito dallo storico, deputato alla camera dei Comuni, Patrick K. O' Clery che, da giovanissimo, combattè tra le fila pontificie a difesa dello Stato della Chiesa: egli affermava che la rivoluzione, così considerava i fatti altrove definiti impropriamente unitari  << …la giudicheremo  non dalle invettive dei suoi nemici, ma dalle confessioni degli amici>>.

 

Ed ecco, allora, il primo di questi amici,  protagonisti dell’altra parte, uno far i tanti  le cui parole ho scelto per ricordarle cosa, veramente, è stato per NOI del Sud il risorgimento (…del solo Nord): il conte Alessandro Bianco di Saint-Joroz, ufficiale piemontese, capitano nel Corpo di Stato Maggiore Generale; egli scrive, nel 1864, che …  <<Il 1860 trovò questo popolo del 1859, vestito, calzato, industre, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia, tutti, in propria condizione, vivevano contenti del proprio stato materiale. Adesso è l’opposto. La pubblica istruzione era sino al 1859 gratuita; cattedre letterarie e scientifiche in tutte le città principali di ogni provincia. Adesso veruna cattedra scientifica…Nobili e plebei, ricchi e poveri, qui tutti aspirano, meno qualche onorevole eccezione, ad una prossima restaurazione borbonica>>.

Ecco: Lei che ha l’opportunità di incontrare i Savoia, li ringrazi anche per questo, anche a nome mio.

 

<<Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio>> …rincara la dose (molto autoassolvendosi!), in una lettera ad Adelaide Cairoli del 1868, l’amico degli amici (…massoni!) Giuseppe Garibaldi (che il suo amico Crispi, che pure tanto ebbe dalla risalita della penisola partendo da quel di Marsala… vistolo alla prova dei fatti a Napoli, in Sicilia e nelle Calabrie, definì  … “cervello incapace di governare un villaggio” e che, l’altro amico, politicamente parlando, ambasciatore inglese a Torino,  sir James Hudson  usava definire “quell’oca di Garibaldi” ).

 

Ed ecco le amare conclusioni di un altro amico, tanto cieco da desiderare il cambiamento e battersi per esso (l’elenco degli amici poi pentitisi ad “unità” avvenuta è estremamente lungo …): Giustino Fortunato, lucano, senatore del regno d’Italia: <<L’Unità d’Italia … è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’unità ci ha perduti>> (lettera n° 89, del 2 settembre 1899, indirizzata a Pasquale Villari).

 

Mi consenta, infine, di spezzare una lancia a favore dei tanto ad arte vituperati Borbone, attraverso le parole di un filosavoiardo quale fu Francesco Saverio Nitti: << I Borboni temevano le classi medie e le avversavano … Bisognava leggere le istruzioni agli intendenti delle province, ai commissari demaniali, agli agenti del fisco per sentire che la monarchia cercava basarsi sull’amore delle classi popolari. Il re stesso scriveva agl’intendenti di ascoltare chiunque del popolo; li ammoniva di non fidarsi delle persone più potenti; li incitava a soddisfare con ogni amore i bisogni delle popolazioni>>. 

 

Ecco: forse sarebbe il caso di invitare un rappresentante di quella Real Casa.

 

Se, invece, ha deciso di accogliere con festosità i Savoia, lo faccia pure, ci mancherebbe, ma si ricordi che, prima dell’unità eravamo la III potenza industriale d’Europa, esportavamo in tutto il mondo con la IV flotta mercantile al mondo, non  conoscevamo l’emigrazione … ma, a proposito, l’immigrazione sì in quanto erano gli svizzeri che calavano a frotte  nel Regno che fu dei Borbone per trovarvi lavoro. Poi, abbiamo conosciuto la deindustrializzazione, la fame, l’emigrazione, le tasse superiori alla media nazionale e la minore spesa pubblica.

 

Nel caso volesse festeggiare per l’arrivo dei  Savoia, non riveli questo ai suoi amministrati e si auguri che essi ne vengano a conoscenza quanto più tardi possibile.

 

Un cordiale saluto ed un auspicio: cerchiamo di essere amici sì, ma veri e di noi stessi in quanto “meridionali”.

Suo

Fiorentino Bevilacqua

 

P.S. Dimenticavo: <a una vita angusta e piccina; che nel Mezzogiorno, l’industria del settentrione ha trovato il suo mercato, mentre esso, con l’unità, ha visto sparire quanto possedeva d’industrie locali>> Benedetto Croce… che non è uno di quegli amici lì, ma val la pena di riportarlo a titolo di sintetico, striminzito compendio di quanto, a livello economico e produttivo, avemmo a patire a seguito dell’Unità e quale spunto per capire i veri intendimenti degli uomini dell’altra parte che la vollero.

Questo è inutile ricordarlo ai Savoia, ma ai suoi concittadini sì, glielo dica: se lo farà capiranno che il bene che prova per loro è aumentato…ma ciò la costringerebbe ad accogliere i Savoia con fredda ufficialità …

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