Nè a destra nè a sinistra ma a Sud Non so se abbia senso mantenere immutate le categorie di "destra" e "sinistra" all'interno del Movimento Neoborbonico (ovviamente, non nel senso di Neoborbonici che tifano per Prodi o per Berlusconi, ma piuttosto di Neoborbonici legati a "valori", ad "influenze" di destra o di sinistra). Anzi, aprendo una breve parentesi, queste "barricate democratiche", questa forzata contrapposizione ideologica (in salsa geometrica: l'arco costituzionale da destra a sinistra) mi pare piuttosto un passo indietro (e nemmeno l'unico) della modernità illuministica nel campo della dialettica e della logica. Infatti, la progressiva affermazione di sistemi ideologici fieramente laicisti, allergici non solo ad un'impostazione cristiana cattolica ma anche di semplice impronta filosofica classica, è di fatto un indebolimento del pensiero occidentale (non necessariamente dovuto a viltà, ma magari solo ad ingenua speranza) di fronte alle grandi ed importanti domande che l'uomo ha da sempre dovuto affrontare.
Ad ogni modo, volendo comunque ricorrere alle (scomode, ma talvolta utili) categorie politiche di cui sopra, credo di dovermi considerare (e di essere percepito per alcune posizioni espresse) come "di sinistra". In gradita compagnia con Fiore Marro, Gennaro Avano, Luigi Costantino, il grande Zitara (e vari altri). Gruppo piuttosto eterogeneo e variamente ispirato dalle magistrali lezioni di Filangieri, Genovesi e degli altri grandi illuministi riformatori del Settecento napoletano. Nel gruppo "di destra", dovrebbero invece essere catalogati il cap. Romano, il cav. Salemi, Gulì, Lanza, Costagliola (e molti altri): insieme forse meno eterogeneo, ma apparentemente (per ora, fatta comunque eccezione per qualche caso) meno propositivo dal punto di vista politico, e più attento invece a ricostruire con dovizia di dettagli il passato borbonico, per poi evidentemente utilizzarlo come modello, come ideale da (tornare a) perseguire.
Dal mio modestissimo punto di vista, questa categorizzazione, in una forma però mai sclerotizzata e arruffona stile teatrino parlamentare italiano, può tornarci utile (nell'ambito dell'attivismo però, non delle chiacchiere polemiche seduti comodamente al Bar dello Sport!) per affrontare più d'una questione politica e (soprattutto!) economica, per semplificare e chiarire alcune posizioni. L'unità d'intenti ispirata dalla tensione verso il comune ideale della Patria da riscattare, coronato in qualche caso dall'ideale simbolico del monarca "garante del suo popolo per diritto divino", dovrebbe essere sufficiente a garantire compattezza al nostro gruppo, rivolgere verso l'esterno la competitività e verso l'interno lo spirito di collaborazione.
La "squadra", come la chiama Fiore, "l'esercito" secondo un gergo più militarista, dove ognuno (indipendentemente da posizioni politico-geometriche) impari a conoscere e a fidarsi degli altri; in modo che, per continuare nella metafora di Fiore, si mettano a punto gli schemi giusti da utilizzare con successo quando finalmente inizierà il nostro campionato. Oppure, nella metafora militaristica, l'orientamento verso l'interesse della Patria duosiciliana ci renda sufficientemente solidi per permettere il necessario confronto e l'eventuale alleanza con soggetti esterni, interessati alla nostra amicizia e contemporaneamente in grado di fornirci gli strumenti migliori per combattere la nostra battaglia di liberazione delle Due Sicilie dallo stato di colonia interna d'Italia. Mario Bellotti |