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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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proposta statuto-Pasquale Costagliola PDF Stampa E-mail

C’è un dibattito in corso sul tema della creazione di un partito, fatto non trascurabile.

A proposito vorrei esprimere alcuni pensieri, brevi.

Qualcuno ha giustamente detto che esistono fin troppi partiti e potremmo finire nel caravan serraglio delle celebrazioni  elettorali.

Per fare un partito deve esistere una concezione del mondo alla base ed è valido il tentativo proposto, che esprime una prima sintesi dei motivi organici che muovono l’area, ma bisogna fare ancora sforzi per dettare le ragioni di fondo della politica.  

Riguardo ai dettagli non marginali della simbologia, pur apprezzando le aquile, ritengo che devono rimanere estranee alla ipotetica iconografia della nostra area, comunque essa si muova.

In sintesi guardando con simpatia allo sforzo di De Gennaro inviterei a costruire un movimento agile, non burocratizzato che non si ponga nel circo dei partiti ma che badi a lavorare sul territorio, che stringa in una rete di solidarietà attiva le regioni del sud ma che soprattutto esprima un progetto organico e visibile. Fare delle sedi o sezioni di partito non serve quanto invece a mostrare la nostra presenza nel sud come reale forza di movimento. L’idea base per agire bisogna affinarla ma è già sulle nostre bandiere:  amore per la propria terra non solo nella storia lontana ma nel presente difficile che viviamo, legame di radici profonde, una certa idea del meridione che esce dagli schemi mandolinari. I simboli devono essere antichi  e forti ma adatti al momento, opterei per il giglio che è un icona straordinaria forte e plausibile, tradizionale e comprensibile.

Il movimento potrebbe costituirsi a fianco delle varie associazioni ispiratrici ma dovrebbe uscire dalle secche del dinasticismo puro e diventare formazione popolare, nel senso etimologico di etnos.

Non è solo o preminentemente  la storia ad unire i meridionali ma soprattutto la geografia e lasciatemelo dire le stirpi. Se vi sono cose da evitare, queste sono il ghetto della cultura tout court in chiave nostalgica,  e la sua speculare opposizione che è la deriva terzomondista.  Un movimento moderno deve far leva sugli aspetti geopolitici per collegarsi alle formazioni dell’altra Europa,  catalani, corsi,scozzesi, irlandesi, fiamminghi.

Solo con questo salto di qualità usciremo dal limite revisionista confrontandoci con il presente senza dimenticare il passato. Gli obiettivi sono di portare acqua al mulino del sud senza schematismi. I confini non si proclamano al massimo si attuano, ma oggi i paletti hanno solo un valore simbolico. Dobbiamo lavorare per l’autonomia del sud seriamente sul concreto non sulla utopia. Per fare questo oltre agli storici servono economisti, sociologi, giuristi, architetti, amministrativisti  ma anche sindacalisti, attivisti e simpatizzanti.

D’accordo per i principi ispiratori esposti da Pino: solidarismo, valori tradizionali, identità.

Non guasterebbe parlare di più delle necessità economiche del nostro territorio, dell’ambiente, della camorra che ci strozza. L’emigrazione è ancora un cancro e l’immigrazione allogena non è da sottovalutare, su quest’ultimo punto, personalmente credo che i nostri avi non hanno combattuto i piemontesi per diventare congolesi. La teoria della guerra dei poveri non mi attrae, gli invasori arrivano con land rover come dice de Andrè ma anche sulle carrette del mare per impossessarsi di quartieri interi come a Napoli o a Castel Volturno.

Per lavorare all’affermazione del movimento,  occorre un centro propulsore nell’area più importante che è Napoli da dove devono uscire le sinergie ed i collegamenti, dove deve essere esposta una vetrina mediatica e politica, da dove devono sortire le linee strategiche. Questo è un poco quello che serve, a mio modesto parere per il partito c’è ancora tempo.

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