L’autonomia, è d’obbligo. Per il nostro Rinascimento Ho letto l’intervento di Luca Longo “Dall’autonomia allo stato federale”. Mi è piaciuto, lo condivido (e considero “illuminanti” gli altri suoi interventi). Egli mette, tra i fattori che possono determinare la decisione di uno stato di trasformarsi, eventualmente, da Stato regionale (come, giustamente egli ricorda, ha fatto il Belgio nel 1993) in Stato federale, il forte senso di appartenenza ad un certo territorio.Questo mi dà il destro di ritornare su un argomento a me caro (e già ben noto, a quanto ho capito, a chi del Movimento è stato l’iniziatore accanto al compianto Pazzaglia): per cosa dovremmo sentirci, noi Duosiciliani, fortemente attaccati al nostro territorio e tra noi coesi? Per la mafia, per la camorra, per il degrado?
Qual è il collante comune che potrebbe farci sentire orgogliosi di essere Noi e diversi dagli Altri (per rispettabili che siano) tanto da spingerci a chiedere più autonomia? Certo: potrebbe anche bastare il desiderio di cambiare lo stato attuale, desiderio nascente da considerazioni circa la gestione economica - sociale del nostro presente e la volontà, appunto, di cambiare rotta per il futuro. Ma questa, mi sembra, è una operazione da elite, da vertici a conoscenza della situazione economica e, proprio per questo, è forse poco sentita da chi, e mi ci metto pure io, ragiona più a grana grossa o da chi, per smuoversi, ha bisogno anche del cuore oltre che delle meningi. L’elite, partendo così, finirebbe per ritrovarsi sola, con pochi al seguito anche perché questa operazione, se presentata in termini quasi di soli mercati, sarebbe vissuta da molti come l’ennesima promessa (e quante ne abbiamo sentite in passato!?), l’ennesimo proclama circa la soluzione dei problemi del Sud e tenuto conto che molti giovani sono quasi nichilisti in quanto a politica, essa, penso, non smuoverebbe granché gli animi e le persone che li ospitano. Perciò, mi chiedo, non è meglio se, al desiderio di cambiare (giustamente!) per ragioni attinenti all’economia e alla società, si aggiunge (non sostituisce) una sorta di operazione di ripulitura dalle menzogne che offendono la nostra memoria e le nostre radici storiche rendendoci finalmente giustizia e conferendoci una maggiore autostima? E questo potrebbe essere un modo per garantire un futuro certo e di livello a ciò che fosse stato eventualmente raggiunto, al fine di non vederlo morire poco dopo la nascita. E’ qui che, evidentemente, mi riallaccio al discorso del Presidente Pazzaglia quando propose, pur da repubblicano quale egli era, di chiamare la nascente Associazione culturale ... Neoborbonica non tanto per dargli una connotazione monarchica, ma per riallacciarsi, anche idealmente, al periodo storico che ci vide finalmente padroni di noi stessi, padroni dell’allora nostro presente e dei nostri destini futuri. Credo che sviluppare un senso di appartenenza orgogliosa, al di là delle menzogne della storiografia ufficiale, sia un buon humus sul quale far nascere il nostro Risorgimento, risorgimento di cui oggi non avremmo bisogno se non ci fosse stato, allora, l’altro risorgimento, quello falsamente presentato come risorgimento dell’Italia intera ma di cui noi, duosiciliani, non avevamo bisogno alcuno perché stavamo bene. Certo, non si può dire che quello non fu un risorgimento, ma lo fu di una parte soltanto: il Nord che ne aveva bisogno. Noi, che non ne avevamo bisogno, avemmo la funzione di … essere sacrificati a quel fine: senza, infatti, la distruzione dell’allora nostro apparato produttivo, senza l’annientamento della nostra economia e il furto delle ricchezze del nostro erario non ci sarebbe stato il risorgimento del Nord. A proposito: si può dire furto? Sì, prove documentali a parte, se a farlo, prima di ogni altro, è stato uno dei protagonisti, dell’altra parte, della vicenda storica di cui parliamo: Vittorio Emanuele, allora, e per sempre, ancora II. In una lettera a Cavour, scritta la sera stessa dell’incontro con Garibaldi a Teano, ebbe a dire : << …Questo personaggio – Garibaldi – non è affatto docile, né così onesto come lo si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare di Capua, e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglie>>. Beh, se a dirlo è un galantuomo, dobbiamo ritenere che sia vero…
L’autonomia, forse, è d’obbligo.
Per il nostro Rinascimento (resosi necessario per gli eventi subiti e per ciò che da essi è scaturito).
Futuro. |