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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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Caro Augias ti scrivo-Capitano Romano PDF Stampa E-mail
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Caro Augias ti scrivo
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Il?compatriota Maurizio D'Angelo ci invia un'interessante corrispondenza con il quotidiano Repubblica.
Con una non comune capacit? di sintesi ? riuscito a ripercorrere i punti essenziali della nostre disgrazie evidenziando le strategie internazionali che decretarono la fine dell'indipendenza del Meridione italico.
Uno intelligente spunto di riflessione che vi invitiamo a leggere con attenzione.?
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Gentile Dottor Augias,

sono un fedele lettore della sua rubrica il che mi permette di notare che le argomentazioni del signor Giovanni Moschini sul tema "Patria e dintorni" trovano buona accoglienza in questo spazio.

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Con il signor Moschini ho in comune l?interesse per la Storia - in particolare quel periodo cruciale che vide la nascita dello Stato unitario - e la preoccupazione per lo smarrimento di certi valori che sarebbero a fondamento della Nazione.

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Solo che, mi chiedo e Le domando: ma se oggi siamo a questo punto ? perch? abbiamo perso le nostre radici o, piuttosto, perch? abbiamo "quelle" radici ?

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Veda, con buona pace del nostro grande Machiavelli, anche i migliori fini di questo mondo possono soffrire della meschinit? dei mezzi usati per conseguirli e finch? il Paese non sar? capace di una vera rivisitazione di quegli avvenimenti difficilmente potr? acquisire quello spirito di appartenenza a una comune patria che, nei momenti migliori, non ? mai andata oltre una superficiale vernice che copriva le profonde spaccature e diffidenze che oggi molti guardano con aria stupita.

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Ci sono sempre state le spaccature, anzi talune asprezze della lega nei confronti di noi meridionali (io sono napoletano) sono quasi fiori e rose a confronto del razzismo pieno, totale, completo, manifestato dai proconsoli piemontesi verso i cafoni del sud.

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Lei, molto opportunamente, ha sottolineato che il 2 giugno, nascita della Repubblica, ? forse il primo atto nel quale tutti, dal Nord al Sud, possono legittimamente riconoscersi (nonostante il prevalere al sud di un ideale monarchico che in effetti era solo l?ultima manifestazione di quello Stato unitario che per 700 anni si era l? ben radicato e che, nella fattispecie, benefici? la pi? indegna e modesta fra le Dinastie preunitarie).

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Ma, vengo al dunque: sono convinto che, storicamente, l?unificazione fosse un processo inevitabile, non ci piove. Dove, invece, diluvia, ? sul "come" si ? fatta l?unificazione, sotto ogni profilo, da quello strategico al tattico.

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Strategico, ma oggi, nemmeno il pi? sfegatato adoratore del feticcio risorgimento crede alla favola del moto "spontaneo" dei Mille cui il Regno sardo giocoforza dovette adeguarsi a scanso di pericolose destabilizzazioni.

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La storiografia pi? seria ha ben individuato la costante attenzione espansionistica del Piemonte verso le Due Sicilie (addirittura, si vagheggi? uno sbarco di bersaglieri en passant profittando del trasferimento di truppe verso la Crimea...). Quanta differenza rispetto alla Prussica di cui il Piemonte ? pallido, umoristico clone....

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Sotto il profilo tattico, b?, ma Lei davvero pensa che fosse lecito ai generali piemontesi entrati nel Regno via Marche, quando le Due Sicilie erano ancora esistenti de jure e de facto, comminare fucilazioni immediate ai villici sorpresi in armi ? Perch? proprio questo si ? verificato....e nessuna inadeguatezza del regime borbonico ai nuovi tempi, poteva giustificare le infamie che furono commesse da un esercito di...fratelli. E lasciamo perdere l?indegno comportamento tenuto verso i difensori dell?ultima fortezza, Civitella...quelli erano soldati, vestivano un?uniforme, eppure furono fucilati come ribelli. Ma Lei, davvero pensa, ripeto, che cos? si crea il senso di appartenenza ad uno Stato comune ??

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Fu piuttosto un?operazione coloniale che, ahim?, aveva la grave complicazione che, non essendo noi meridionali cos? lontani nell?aspetto dai fratelli del nord, si doveva accreditare una finzione di cofondazione dello Stato unitario.

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Ma, allora, la Gran Bretagna, culla della democrazia, fiera sostenitrice del processo di unificazione, ?l?ho per caso scordata ?

Anche qui, onestamente, Dottor Augias, ma mi spiega per qual misteriosa ragione governanti che non si sono inteneriti alla morte per fame di un milione di irlandesi, che hanno ritenuto lecito imporre a cannonate ai cinesi l?importazione dell?oppio indiano (al nobile fine di avere merci di scambio per i raffinati prodotti cinesi da importare nel Regno Unito), che sempre in quegli anni completavano con feroce vigore l?asservimento coloniale di lontani paesi, dicevo, questi governanti avrebbero dovuto essere sconvolti da uno Stato che aveva un solo torto, un eccessivo spirito di indipendenza ?

E, oltretutto, guarda la causalit?, si trovava sulla futura rotta delle Indie grazie a Suez che, all?epoca, era ormai nella fase di piena fattibilit?...

Semmai, si potrebbe sottolineare il cinismo della superpotenza dell?epoca che aveva dimenticato in fretta (grazie anche allo sgarbo degli zolfi siciliani....) che durante il periodo napoleonico, un? solo Stato, sia pure ridotto alla sola Sicilia, era rimasto al suo fianco costantemente in guerra.

Veda, finch? resteremo come cozze aggrappati a versioni santificanti di quei fatti, resteremo inchiodati alla croce di mille deformazioni e forzature, tutte volte a giustificare e spiegare avvenimenti altrimenti incomprensibili.

E, a conclusione, mi permetta di sottoporLe questo passo:

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"Era il 20 marzo 1861: dopo 127 anni terminava la sua esistenza l?esercito borbonico. La sua "rapida fine - che pure al Volturno, a Gaeta e a Civitella del Tronto fu illuminata da episodi di "fedelt?, di dedizione e di valore - e, soprattutto, le esigenze contingenti di carattere politico "portarono allora ad una riuscitissima opera di demolizione? e di denigrazione di tutte le istituzioni "militari borboniche, o napoletane, o meridionali che dir si voglia.

"Opera che possiamo oggi considerare riuscita forse al di l? delle speranze di quanti allora, "soprattutto per motivi politici, la promossero: ancor oggi per chi non si interessa alla storia "militare - ed anche per molti di quelli che se ne interessano - l?esercito delle Due Sicilie ? "sempre l?esercito di Franceschiello".

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Ecco, questo periodo ? tratto non dall?opera di qualche sfegatato nostalgico dei Borbone... lo pu? trovare a pag. 55 del I? tomo del 3? volume sull?Esercito Borbonico dal 1734 al 1861, edito dall?Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, in Roma 1998.

C?? in quelle righe tanta e tanta materia di riflessione.......non solo per l?istituzione esercito, dal momento che quei criteri furono applicati a tutto il contesto politico amministrativo e giudiziario del vecchio Regno.

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??????????????????? Cap. Alessandro Romano
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