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I ribelli di Ferdinando PDF Stampa E-mail

I ribelli di Ferdinando
di Generoso d'Agnese

Furono soltanto 20 mila (su 72 mila previsti) i giovani che si presentarono alla prima leva militare del Regno d'Italia nel 1861. Il governo decise di provvedere con mezzi sbrigativi alla risoluzione del problema, inviando reparti regolari dell'esercito piemontese nei piccoli paesi del Meridione. Rastrellamenti e deportazioni di tutti maschi dell'apparente età dai venti ai 25 anni, e in alcuni casi fucilazioni sommarie (Castelsaraceno, Carbone, Latronico), per ragazzi in gran parte figli di contadini e all'oscuro della chiamata alle armi, segnarono una delle pagine pi? oscure dei primi momenti del Regno d?Italia. Alcuni di questi ragazzi riuscirono a sfuggire definitivamente a una leva che non capirono, riparando sui piroscafi in partenza per il Nuovo Mondo, aggiungendo il proprio nome a quello di molti ex soldati borbonici in fuga da una coscrizione obbligatoria che spesso diveniva uno stato di semi-prigionia. Furono soprattutto i più valorosi difensori degli ultimi baluardi di Re Ferdinando a pagare il prezzo più alto. I soldati di Gaeta e di Civitella del Tronto infatti vennero letteralmente deportati verso campi di concentramento in Piemonte affinchè diventassero innoqui.

Per 684 valorosi soldati meridionali la sorte fu invece meno amara, almeno in un primo momento. Grazie all'intermediazione dell'americano Chatham Roberdeau Wheat, protagonista della guerra d'indipendenza insieme alla brigata inglese, ai militari fu data la possibilità di scegliere tra l'internamento nei campi di concentramento e l'esilio negli Stati del Vecchio Sud, per riprendere in America una nuova vita.

Quelli che scesero quindi sul molo di New Orleans dalle navi "Elisabetta" "Olyphant" "Utile" "Charles & Jane" "Washington" e "Franklin" non erano semplici braccia da lavoro per i campi della Louisiana. Tra la fine delle ostilità italiane e lo sbarco a New Orleans, la causa secessionista aveva gettato semi forti e virulenti tra le colonie che stavano per dar vita alla Confederazione americana. L'arrivo, tra dicembre del 1860 e gli inizi del 1861 in Louisiana, di uomini che conoscevano bene l'uso delle armi e che avevano combattuto con onore nella guerra contro le truppe garibaldine, venne visto quindi con occhio molto interessato da chi aveva già in mente una forza armata indipendente dall'Unione. Per gli scomodi ex soldati borbonici ebbe inizio a New Orleans una nuova vita che nel giro di pochi mesi li vide ancora una volta indossare una divisa e mettere un fucile a tracolla, camminare su strade infangate e scavare trincee. Divennero i soldati della Confederazione americana. Ancora una volta ribelli e dalla parte sbagliata della storia. Nonostante tutto leali e coraggiosi anche in una terra sconosciuta.

Lo stato della Luisiana reclutò gran parte di questi uomini nel 6 reggimento formato dalle brigate Europee: nacquero il battaglione dell' "Italian guards" e la "Garibaldi Legion" (presto rinominato Legione Italiana in seguito alla protesta degli stessi soldati borbonici) mentre il 10 reggimento di Fanteria della Luisiana la I Compagnia venne costituito esclusivamente da ex soldati di Re Ferdinando. Veterani che durante il progressivo inasprimento della guerra vennero via via inseriti in quasi tutti i reggimenti della Confederazione.

Pagarono un tributo notevole alla causa della guerra. Parteciparono a tutte le battaglie più importanti del conflitto e il 10 aprile del 1865, alla resa del Generale Lee ad Appomatox si poterono contare solo pochi superstiti. Il 10 reggimento, su 987 effettivi iniziali, si arrese con soli 18 reduci. Tra questi vi era Salvatore Ferri, già soldato del Regio esercito borbonico.

Una condotta esemplare, quella tenuta da soldati che già avevano subito l?onta della sconfitta in Italia e che tra le file opposte riconobbero anche diversi nemici che avevano indossato la casacca da garibaldini. Caduta New Orleans, i superstiti dei battaglioni formati da italiani ex borbonici furono inviati a Port Hudson dove si distinsero per il coraggio e l'abnegazione e più di uno ottenne anche un riconoscimento pubblico. Per i soldati che perdono la guerra e per una nazione che cessa di esistere  come avvenne per la Confederazione  non vi è nessuna medaglia al valore militare a ricordarne le gesta. Per Gian Battista il cui stesso nome attinge all'ironia della storia  invece la gloria arrivò al momento della sepoltura. Nato a Lavagna (Genova) nel 1831, combattente con il grado di sergente nel 27 reggimento della Virginia, soldato valorosissimo della brigata Stonewall, Gian Battista Garibaldi visse fino al 1914 e fu seppellito nel cimitero di Lexington, accanto al Generale Lee e al generale Jackson, a ricordarne il grande eroismo.

Una storia esemplare, quella di Gian Battista, che scelse di servire contro tutto tutti e tutto la bandiera della Confederazione, convinto assertore della libertà nei confronti dell'Unione e nemico temibile per ogni soldato dell'Unione.

Come lui, gli altri ex borbonici mantennero alto l'onore di Re Ferdinando, memori anche delle disumane condizioni nelle quali erano stati tenuti da prigionieri dei Piemontesi. I loro nomi non hanno ricevuto l'onore di una lapide sul campo di battaglia di Gettysburg (cosa avvenuta invece per gli italiani della Garibaldi Guard nordista), ma sono rimasti impressi nella memoria storica della Lousiana che ne aveva raccolto le tracce nel sacrario confederato locale (Confederate Memorial Hall), distrutto dalla furia dell'uragano Katrina. Nomi che ben presto troveranno spazio nei musei storici di Civitella del Tronto, per rendere onore a combattenti leali e coraggiosi. Capitati dalla parte sbagliata della storia.

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