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Associazione culturale Neoborbonica
L'orgoglio di essere meridionali

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8 agosto 1806/2021. QUALCHE PENSIERO NEL RICORDO DELLE VITTIME NAPOLETANE-BORBONICHE DI LAURIA PDF Stampa E-mail

MassacrodiLauria-Wikipedia
8 agosto 1806/2021. QUALCHE PENSIERO NEL RICORDO DELLE VITTIME NAPOLETANE-BORBONICHE DI LAURIA.
Uno strano fenomeno si può notare tra istituti universitari, accademici vari e loro (pochi e
 tristi) seguaci.
È stato presentato e pubblicizzato un libro pubblicato nel 1994 e tradotto solo nel 2020 a cura di quella Società di Storia Patria che spesso ha assunto in questi anni posizioni "ostili" nei confronti della storia borbonica.
Si tratta di Milton Finley e del suo "La più mostruosa delle guerre: la guerriglia napoleonica nel Mezzogiorno d’Italia tra il 1806 e il 1811". Il libro e tutto ciò che ci gira intorno presentano (per quanto possa sembrare strano) molti spunti riferibili al presente e al futuro.
Già il titolo è chiaro e fa riferimento al terrore dei generali francesi che invasero il Regno di Napoli nel 1806 di fronte ai "calabresi" che difesero con la guerriglia la loro terra e la loro patria napoletana. Il libro, allora, è una lunga antologia di definizioni e accuse contro quei "selvaggi", contro quegli "incivili" meridionali che i francesi volevano liberare ma che non volevano essere liberati. Lo schema, allora, è quello solito della storiografia ufficiale applicato nel 1799 come nel 1860: da un lato tutti i buoni, i liberatori prima francesi e poi piemontesi sostenuti da pochi giacobini e liberali locali, dall'altro tutti i cattivi che si opponevano (larghe masse di popolani ma anche di legittimisti e cattolici locali),"lazzari" e "plebei". E lo schema, però, è sorprendentemente attuale. E se è ovvio che non ci siano più baionette, fucilazioni e cannoni, oggi restano quei due blocchi contrapposti: il primo da oltre un secolo e mezzo con un predominio politico, economico e culturale (poche ma privilegiate classi dirigenti), il secondo, più numeroso ma accusato dal primo di essere "borbonico", "nostalgico", "piagnone", "rivendicazionista" ecc. ecc.
Del resto basta dare un occhio a profili social, libri o articoli di quelli del primo blocco e non troverete mai un cenno o una parola sulle questioni meridionali di oggi, magari sui miliardi di euro sottratti al Sud in questi anni o su quei diritti negati al Sud (sanità, scuola, assistenza sociale, vita media o mortalità infantile, solo per fare qualche esempio) lasciandoci l'amara sensazione che la premessa sia la stessa che viene utilizzata dal punto di vista storico con la tesi dei meridionali "selvaggi" e che in fondo non meritano pari diritti e tutto è sempre e comunque "colpa del Sud".
In nessun paese del mondo assistiamo a fenomeni di questo tipo e il motivo è proprio nell'attualità di questi schemi. In nessun paese del mondo chi difese case, terre e famiglie, oltre che Dio e Patria (napoletana) è diventato "mostruoso" pur potendo vantare un aspetto importante e trascurato: si difendeva legittimamente da un'invasione non richiesta e troppo spesso (tra massacri e saccheggi) vergognosa. In nessun paese del mondo è stato dimenticato e oltraggiato il sacrificio prima di 60.000 "meridionali" nel 1799, poi di oltre 50.000 nel 1806-1815 (il periodo al centro del libro) e poi ancora dopo il 1860 come "briganti" usando il termine adottato proprio dai francesi (e quella francese, del resto, era la lingua parlata da molti "padri della patria italiana").
In Spagna, allora, i popolani locali massacrati dai Francesi sono stati celebrati da storici e artisti (in testa il grande Goya) mentre da noi si sputa sui difensori e si celebrano gli invasori e i "traditori della patria" (napoletana) come arrivò a dichiarare lo stesso Mazzini in un suo (stranamente) dimenticato manoscritto sul 1799.
Del resto da anni puntiamo su una scommessa: se qualcuno avesse scritto questa storia raccontandoci l'eroismo di quei calabresi (come dei lazzari o dei briganti) noi oggi avremmo avuto intere generazioni di calabresi e meridionali radicati e fieri e, probabilmente, classi dirigenti più adeguate. Del resto da oltre un secolo e mezzo ci raccontano, nelle scuole come nelle università, quella versione e i risultati, in quanto a fierezza e classi dirigenti, purtroppo li conosciamo bene. Ecco: nel primo caso abbiamo prove e controprove e nel secondo no e questo dovrebbe bastare a dare almeno un tentativo con una cultura di segno diverso da quello adottato da 160 anni.
E così, invece, si censura la "brutalità" di quella guerra con il racconto di quei calabresi "quasi cannibali" ma non si spiega come e perché quegli stessi calabresi per secoli non erano mai stati così brutali e "quasi cannibali" e lo erano diventati solo in quei mesi (si tratterebbe, forse, semplicemente di azioni e re-azioni e di legittime autodifese).
E così ci si meraviglia dell'accanimento con il quale quei meridionali difesero i Borbone e il loro regno ma non si tiene conto del fatto che quella scelta era una scelta chiara e precisa ed ebbe precedenti sistematici e chiarissimi nel 1799 e fino al 1860 (lo ricordò in un suo intervento alla Camera il deputato Ferrari: "altro che briganti, questi hanno sempre difeso i Borbone"). E per giustificare quella difesa e quella unione tra popolo e Borbone si preferiscono tesi "strane" come quella (offensiva) del "fanatismo religioso" o quella della lotta contro "un sistema politico accentrato" (come se da secoli non fosse stato accentrato il sistema politico meridionale) o quella dello scontro "atavico" tra popolo e borghesia cittadina filofrancese e aperta alle innovazioni mentre è evidente che si trattò di pochi elementi che cercarono in quegli eventi la possibilità della propria affermazione senza porsi limiti e scrupoli fino a massacrare o a far massacrare i loro compatrioti (napoletani) com'è nel caso di alcuni ufficiali passati al nemico e così come capita in tutte le invasioni di ogni tempo. E così il generale Reynier, pur "magnanimo", fu costretto dalla "ferocia" dei calabresi a scatenare l'inferno in quelle terre e a diffondere un terrore "educativo" che, come sappiamo, aveva e avrebbe portato a massacri indiscriminati e intollerabili se solo pensiamo a quanto avvenne ad esempio proprio a Lauria con migliaia di persone uccise, donne e bambini (sgozzati) inclusi.
E qualcuno ancora parla di Borbone "illiberali" o di bugie o di eccessi neoborbonici. E qualcuno ha ancora il coraggio di meravigliarsi se in tanti in questi anni sono diventati fieri di dirsi "neoborbonici". E continueranno a farlo se altri continueranno a raccontare certe storie in questo modo.
Gennaro De Crescenzo


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