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Home arrow Storia arrow Approfondimenti sul "Brigantaggio" arrow Il Sergente Romano: Raccolta di scritti.

Il Sergente Romano: Raccolta di scritti. PDF Stampa E-mail

Il Sergente Romano: anomalia di un brigante. Raccolta di scritti.

di Michele Albrizio (22.3.2001)

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?? la reflexion sur la violence fait appa?tre des dimension

r?elles des relations humaines?.

Jean Molino.

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?Se il brigantaggio ? parola esotica importata dalla Francia ? vuol significare la bassa criminalit? contenuta in una cerchia pi? o meno ristretta di uomini degeneri e amorali, esso non ? un tristo privilegio della Puglia o del Mezzogiorno; ma con forma e denominazione diversa si rinviene in tutti i tempi e in tutti i luoghi, ove siano individui dalle tendenze malefiche. ? Se poi con tal parola si vuol designare quella manifestazione collettiva e simultanea quale noi discorriamo; da cui non andarono esenti le nazioni pi? civili ed evolute, come la Francia, la Germania e l?Inghilterra, nella ricorrenza di gravi crisi politiche e di convulsioni sociali, esso allora ? ? lotta dichiarata ed aperta contro le ingiustizie legali, sfogo di pubblica e privata vendetta, sinistro bagliore di regimi che vissero di patiboli e di sangue, lacrimevole prodotto dell?ignoranza e della schiavit? secolare, ricettacolo insomma d?immensi dolori e d?infinite miserie.??

Il grande brigantaggio meridionale (1860-1870) ? chiaramente distinto da quello di diversa natura estesosi nelle province borboniche successivamente al 1799, e che dall?altro va separato per il diverso aspetto politico ? si presta ad una sostanziale classificazione.

Tale partizione, distingue un primo periodo ? 1860/1862 ? in cui emerge un tipo di lotta ispirata a valori legittimistico-clericali. Dal 1862, e fino al 1865, il movimento diviene rivolta sociale di masse contadine interessando pi? da vicino borghi e popolazioni. In ultimo (1866-1870) il brigantaggio perde di razionalit? ? anche per la perdita dei comandanti meglio preparati militarmente, per quanto lo potessero essere i vari Donatelli, Ninco Nanco, e Malvasia vista la loro estrazione! ?. Gli ultimi focolai di resistenza organizzata si fondono con istanze prevalentemente criminali.

Il primo brigantaggio ? che poi ? quello che interessa la nostra analisi ? ? ben lungi dall?essere quella ?piaga endemica delle regioni centro-meridionali, gi? virulenta al tempo dei Borboni, durante il Regno murattiano, e ancor prima, nello Stato Pontificio, presente anche dopo il 1870 e che si identifica in una criminalit? comune di piccole bande, pi? o meno al margine dei tristi fenomeni della camorra e della mafia.??

Questa disamina comincia esattamente dal 6 settembre 1860, quando Francesco II di Borbone ? Franceschiello -, Re delle due Sicilie, abbandona Napoli alla volta di Gaeta. In realt? per? il periodo in cui si ebbe la svolta fu intorno al 1864. Vincenzo Padula, giornalista e liberale, che segu? da vicino le fasi del brigantaggio nel Cosentino, scrisse appunto in quell?anno: ?Finora avevamo i briganti; ora abbiamo il Brigantaggio; tra l?una e l?altra parola corre grande divario. Vi hanno briganti quando il popolo non li ajuta, quando si ruba per vivere o morire con la pancia piena; e vi ha il Brigantaggio quando la causa del brigante ? la causa del popolo, allorquando questo lo ajuta, gli assicura gli assalti, la ritirata, il furto e ne divide i guadagni. Ora noi siamo nella condizione del brigantaggio?.?

L?origine prima del brigantaggio ? storicamente poco accertabile. Per? ?sul finire del marzo 1861, mentre le gazzette ufficiose solennizzavano la proclamazione del regno d?Italia, sotto la bianca croce dei Savoia, in un angolo della Basilicata pi? aspra e chiusa, intorno al bosco di Lagopesole, a nord di Potenza, s?andava ammassando una piccola armata stracciona, ringhiosa e reazionaria?.?

Le cause che lo fecero emergere e proliferare furono diverse. Anzitutto politiche. Il Borbone, malamente fuoriuscito cerc?? di rientrare; prova ne ? tanto l?invio del generale Jos? Borjes, nonch? di De Trezegnies, nel tentativo di dare un?impronta militare alla massa di sbandati che per sottrarsi alla leva o al bagno penale si rifugiava a frotte nella macchia, che i frequenti contatti dei capibanda con i comitati sorti in Francia per sovvenzionare la causa borbonica.

Ma pi? spesso l?ispirazione politica resta vaga, visto che ? nonostante tali pretesi appoggi, provenienti dall?esiliato Borbone e dal Pontefice, contro l?invasione (e l?invadenza) dei Savoia ? non ebbe mai, o quasi, un vero obiettivo sovversivo, se non nei presupposti.

Ma vi fu qualche eccezione. Una di queste ? rappresentata dal sergente Romano.

Questi ? come meglio si vedr? nelle molteplici testimonianze riportate a brani pi? oltre e fra cui spiccano pregevoli saggi d?illustri storici ? fu un brigante anomalo. Credeva che il brigantaggio non sarebbe stato una mera vicenda criminale. Al contrario. Esso era una guerra civile; l?unico modo di restaurare il Borbone. Per questo egli combatteva con duplicato vigore: l?esercito napoletano era stato il suo ambito operativo per tanto tempo che egli si credeva in dovere di difenderlo ancora, nonostante il tracollo di Francesco II (fu infatti uno dei pochi capobriganti a cadere sul campo). Unico brigante in possesso di una vera e propria impostazione militare, cercava di istruire e inquadrare militarmente i propri uomini. Gli altri capibanda utilizzavano altre tecniche: ad un?innata scaltrezza univano la conoscenza accurata di ogni anfratto. Molto spesso allo scontro aperto preferivano la fuga dopo una rapida incursione. L?istinto del capo, poi, faceva il resto.

Romano era il solo caso di brigante che si sapesse esprimere, anche per iscritto, in maniera corretta. Basta, a proposito, fare un confronto con il pi? celebre capobanda lucano, Carmine Crocco Donatelli: in una ricevuta, rilasciata al signor Luigi Del Bene, agente del principe Doria, al quale aveva estorto 360 ducati, gli errori sono innumerevoli . Sul corpo del sergente di Gioia vennero, invero, rinvenute poesie, preghiere per la Vergine (cui lo legava una devozione profonda), il suo famoso diario ? Le mie disgrazie ? e l?ancor pi? famoso giuramento cui sottoponeva i suoi affiliati. ??

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Pietro Petrarolo. Il grande brigantaggio meridionale post-unitario.???

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?Domenico Romano, di Gioia del Colle, figlio di pastore, si era arruolato nell?esercito borbonico, dove era Sergente e Alfiere del V? Reggimento di Linea.

Sbandato e alla macchia, form? probabilmente la sua banda dopo la terribile giornata del 28 Luglio 1861. In quel giorno una colonna formata da circa 140 uomini (Guardia Nazionale e liberali volontari) si mosse da Gioia del Colle per affrontare i briganti; ma questi, un centinaio al comando del Romano, che agitavano la bandiera borbonica al grido di ?W Francesco II ? Morte a Vittorio Emanuele?, decisero di aggredire la citt?, operando veri e propri massacri. Vi fu una immediata reazione di una formazione di Guardie Nazionali, di Carabinieri e di un plotone del 30? Fanteria del Tenente Paoli: 30 briganti furono uccisi in combattimento, 20 furono passati per le armi.

Il Molfese riporta la formazione della grande banda Romano, che contava ben 300 uomini nell?agosto 1862; erano suoi luogotenenti: l?andriese Ciucciarello, Pizzichichio (C. Mazzeo), G.N. La Veneziana, F.S. L?Abbate, il Capraro (A. Lo Caso), F. Monaco e Nenna-Nenna ( G. Valente).

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Relazione della Commissione d?Inchiesta del deputato Massari, letta alla Camera nella tornata segreta del 3 Maggio 1863.

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?Il sergente Romano, capo della banda brigantesca di Gioia, in provincia di Bari, soleva far celebrare, pagandola, una messa nella cappella della Masseria detta dei Monaci, che perci? venne denominata messa dei briganti, e trovava pronto sempre il cappellano, che invocando le divine benedizioni su quella masnada osava tentare di far complice di essa il cielo?.

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?Il sergente Romano, mentre teneva la campagna scriveva pietose giaculatorie, ed intitolava gli assassini che dipendevano dai suoi ordine giurati della fede cattolica; essi prestavano un giuramento, la cui formola fu rinvenuta nel suo portafogli quando venne ucciso, e che merita di esservi integralmente riferita:

Promettiamo e giuriamo di sempre difendere con effusione del sangue Iddio, il sommo pontefice Pio IX, Francesco II, re del regno delle Due Sicilie, ed il comandante della nostra colonna degnamente affidatagli e dipendere da qualunque suo ordine, sempre pel bene dei soprannominati articoli; cos? Iddio ci aiuter? e ci assister? sempre a combattere contro i ribelli della Santa Chiesa. Promettiamo e giuriamo ancora di difendere gli stendardi del nostro re Francesco II a tutto sangue, e con questo di farli scrupolosamente rispettare ed osservare da tutti quei comuni i quali sono subordinati dal partito liberale. Promettiamo e giuriamo inoltre di non mai appartenere a qualsivoglia setta contro il voto unanimamente da noi giurato, anche con la pena della morte che da noi affermativamente si ? stabilita. Promettiamo e giuriamo che durante il tempo della nostra dimora sotto il comando del prelodato nostro comandante distruggere il partito dei nostri contrari i quali hanno abbracciato le bandiere tricolorate sempre abbattendole con quel zelo ed attaccamento che l?umanit? dell?intera nostra colonna ha sopra espresso, come abbiamo dimostrato e dimostreremo tuttavia sempre con le armi alla mano, e star pronto sempre a qualunque difesa per il legittimo nostro re Francesco II. Promettiamo e giuriamo di non appartenere giammai per essere ammesso ad altre nostre colonne del nostro partito medesimo, sempre senza il permesso dell?anzidetto nostro comandante per effettuarsi un tal passaggio. Il presente atto di giuramento si ? da noi stabilito volontariamente a conoscenza dell?intera nostra colonna tutta e per non vedersi pi? abbattuta la nostra Chiesa cattolica romana, della difesa del sommo pontefice e del legittimo nostro re.

Cos? abbracciare tosto qualunque morte per quanto sopra si ? stabilito col presente atto di giuramento.?

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La descrizione dei costumi e dell?indole dei componenti delle bande ? stata fatta da un testimone, la cui imparzialit? non pu? essere argomento della menoma dubbiezza; da uno dei loro stessi capi. Il sergente di Gioia, quegli medesimo che faceva prestar giuramento di fedelt? ai suoi masnadieri, e che li intitolava giurati della fede cattolica, aveva l?uso di scrivere di tempo in tempo qualche memoria e qualche appunto, che vennero rinvenuti nel suo taccuino, e che ora fanno parte dei documenti del processo in via d?istruzione a carico dei suoi complici. Cotesto brigante non era cos? abbietto come gli altri: aveva coraggio, e difatti per? combattendo; nella sua indole era uno strano miscuglio di bieco fanatismo e di rozza piet?, n? la consuetudine del delitto gli aveva soffocato ogni senso di onest?; un qualche spiraglio di luce rischiarava talvolta l?oscurit? della sua coscienza, e componeva l?animo suo alla invincibile melanconia del rimorso. In quei momenti di abbandono con s? medesimo scriveva il suo diario che intitolava: Le mie disgrazie.

Udite, o signori, quali giudizi la verit? gli strappasse intorno ai suoi compagni:

Dopo un anno incirca di boscosa solitudine un d? si presentano meco tredici masnadieri, individui mediocremente armati, accennandomi di essere difensori di Francesco II e della santa Chiesa cattolica romana. Io desideroso di far compagnia in tale oggetto onde difendere i sovra citati diritti esattamente, ai quali era ben disposto da molto tempo, come a tutti ? ben noto, accoglieva detti uomini e con tutto zelo incominciava subito ad occuparmi a tutto quello che mi conveniva. Al che questi mi accettarono per loro capo, dovevano stare sotto la mia obbedienza per tutti quei buoni comandi che da me si emanavano pel bene del nostro Re e della propria vita.

Ma siccome in questi esisteva il solo sentimento di rubare e non mai quello di farsi onore di eguaglianza al mio, incominciavano ad agitarsi contro di me permettendosi di dire fra loro stessi: ?noi siamo usciti in campagna e siamo chiamati ladri e dobbiamo rubare, e se il nostro capo non fa come noi diciamo, mala morte far? oppure rester? solo?.

Tale congiura portava presso di me senza saperlo. Si permettevano pure fare i furti senza la mia conoscenza dove io ordinava di andare ordinatamente e militarmente con educazione.

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?? Una banda di masnadieri guidata da un tal Pasquale Romano di Gioia, ex-sergente borbonico, contristava con ogni maniera di rapine e di uccisioni quelle amene ed ubertose contrade; nei primi di gennaio scorso i cavalleggeri di Saluzzo, comandati dal valoroso capitano Bollasco e secondati dalla coraggiosa guardia nazionale di Gioia, assalirono l?infame banda, ne uccisero il capo, la distrussero. D?allora in poi il tenimento di Gioia ? libero e sicuro.?

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Pasquale Tandoi. Briganti di Corato, cronache dal 1806 al 1865.?

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Fra i briganti che scorazzarono per la Puglia e la Basilicata, per una certa rudimentale cultura e per l?assenza di procedimenti penali, emergeva Domenico Pasquale Romano di Gioia del Colle.

? rimase per quasi dieci anni sotto le armi nell?esercito borbonico, imparando a leggere e a scrivere e osservando sempre un comportamento irreprensibile, tanto da meritare il grado di primo sergente e l?onore di alfiere nella prima compagnia del V Reggimento di linea.

? Dopo la vittoria decisiva di Garibaldi sul Volturno e lo scioglimento dell?esercito di ?Franceschiello?, nel gennaio del 1861 torn? a Gioia del Colle. abituato a comandare e pieno di boria nel soprabito da galantuomo ch?egli indossava con vanitosa ricercatezza, l?antico mandriano non pot? riprendere le modeste consuetudini della prima giovent?; s? che, costretto a vivere nell?ozio, venne ben presto a trovarsi in una rincrescevole condizione. Al rimpianto della carriera militare, con grave danno troncata, si aggiunsero i dileggi del partito vincitore e le implacabili ingiurie che lo resero irrequieto e sospettoso.???

? Data questa sua condizione materiale e psicologica, ? ovvio che egli desiderasse con furore il ritorno dei Borboni e, non appena furono organizzati i comitati borbonici finanziati da Roma, fu ben lieto di essere nominato ?comandante generale delle squadre insorgenti di Gioia del Colle e dei comuni vicini?.

? ? Romano in ogni sua azione banditesca, anche la pi? nefanda, fu sempre guidato da un?idea politica, e ci? lo si deduce dal giuramento di fedelt? alla causa borbonica cui sottoponeva i nuovi aderenti alla sua compagnia, la quale nel 1862 contava circa duecento uomini di varia provenienza e condizione: c?erano baresi, leccesi in gran copia, foggiani, lucani, napoletani, abruzzesi, calabresi.

? I comuni di Puglia che alla banda somministravano il maggior contributo di proseliti erano Corato, Ruvo, Noci, Alberobello in Terra di Bari,; Martina, Carovigno, Fragagnano in Terra d?Otranto.

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Antonio Lucarelli. Il brigantaggio politico delle Puglie dopo il 1860.?

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? Il piemontese Carlo Gastaldi, della provincia di Vercelli, che nel novembre 1862 disert? le bandiere nazionali per seguire la banda Romano, in una lettera al padre, la quale si conserva, lacera e frammentaria, nell?archivio provinciale di Bari, scrive che i suoi commilitoni erano appartenenti a Francesco Secondo, e non gi? briganti come erano spacciati ? Romano teneva un assiduo carteggio con ragguardevoli personaggi di Roma e Parigi, e dalla Corte Vaticana, in ricompensa della sua opera, aveva ricevuto una medaglia d?oro, che benedetta lo rendeva immortale.

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Il nucleo iniziale della compagnia, con ogni probabilit?, venne formato dai pochi fuoriusciti, che nella lugubre sera del 28 luglio 1861 [presa di Gioia da parte di Romano] avevan potuto schivare l?avvolgimento delle milizie, non pi? quattro o cinque persone. Poscia, intorno a questo esiguo gruppo, attratti dalla triste celebrit? che al Romano era derivata dalla temeraria invasione della citt? nativa spinti dalla simpatia morbosa che spesso si propaga fra le nostre moltitudini per gli eroi della foresta, si radunarono i naufraghi della vita e della politica: disoccupati ansiosi di bottino, latitanti ricercati dalla giustizia, perseguitati dall?ira partigiana e dalle gare di campanile, legittimisti fanatici, avventurieri studiosi di novit?. Il maggior contingente, per?, fu apprestato alla compagnia dagli sbandati del disciolto esercito, ai quali, come dicemmo, ripugnava il richiamo alla milizia, e dai giovani coscritti, che cercavan sottrarsi agli obblighi di leva.

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E cade, dopo mille fortunose vicende, lo sciagurato condottiero! La tradizione popolare racconta che il Romano, mentre dibattevasi fra uno stuolo di cavalleggeri capeggiato dal sergente Michele Cant?, intravveduta l?inevitabile fine, implor? la fucilazione esclamando: ?Finitemi da soldato!?. Ma il Cant? a sua volta: ?Muori da brigante!?. E cos? che il sergente borbonico, visionario ed illuso fino all?estremo della vita, soggiacque alle sciabolate del sergente lombardo, proprio l?, nei boschi di Vallata, che per la prima volta lo raccolsero profugo e ribelle, e donde il 28 luglio 1861 mosse, suo malgrado, all?assalto della terra natia. Strano capriccio degli eventi.

? i nazionali vittoriosi legarono sulla groppa di un asino il cadavere ed entrarono in Gioia fra le acclamazioni dei loro amici, che copersero di ludibrio il corpo esanime; ?il corteo, con la macabra cavalcatura, percorse la via Candelora, passando sotto i balconi di casa Romano, donde partivano i gemiti delle sorelle e della madre del disgraziato sergente.

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L?vy. La Cour de Rome, le brigandage et la Convention franco-italienne.

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? ?? il sergente Romano era stato sciabolato, ridotto a brani sulla via di Mottola, dalla cavalleria piemontese. A Gioia, ? un contadino m?indic? il luogo dove i vincitori esposero con orgoglio, per otto giorni, il cadavere fatto a pezzi. Tutti gli abitanti del paese vollero contemplare un?ultima volta gli avanzi irriconoscibili dell?eroico brigante; si andava l?, come ad un pellegrinaggio santificato dal martirio; gli uomini si scovrivano, le donne si inginocchiavano, quasi tutti piangevano: egli portava nella tomba il cordoglio e l?ammirazione de? suoi conterranei.

Legge Pica (15 agosto 1863 / 1409)

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Vittorio Emanuele II

per grazia di Dio e per volont? della Nazione

RE D?ITALIA

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Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato,

Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

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Art. 1. Fino a 31 dicembre corrente anno, nelle provincie infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con Decreto Reale, i componenti comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche vie o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai Tribunali militari, di cui nel libro II, parte II del Codice penale militare, e con la procedura determinata dal capo III del detto libro.

Art. 2. I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano appongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti colla fucilazione, o coi lavori forzati a vita concorrendovi attenuanti.

A coloro che non oppongono resistenza, non che ai ricettatori e somministratori di viveri, notizie, ed aiuti di ogni maniera, sar? applicata la pena dei lavori forzati a vita, e concorrendovi circostanze attenuanti il maximum dei lavori forzati a tempo.

Art. 3. Sar? accordata a coloro che si sono gi? costituiti o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge la diminuzione da uno a tre gradi di pena.

Tale pubblicazione dovr? essere fatta per bando in ogni comune.

Art. 4. Il Governo avr? pure facolt?, dopo il termine stabilito nell?articolo precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio della diminuzione di un grado di pena.

? Art. 5. Il Governo avr? inoltre facolt? di assegnare per un tempo non maggiore di un anno un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice penale, non che ai camorristi, e sospetti manutengoli, dietro parere di Giunta composta del Prefetto, del Presidente del Tribunale, del Procuratore del Re e di due Consiglieri provinciali.

Art. 6. Gli individui, di cui nel precedente articolo, trovandosi fuori del domicilio assegnato, andranno soggetto alla pena stabilit? dall?alinea 2 dell?articolo 29 del Codice penale, che sar? applicata dal competente Tribunale circondariale.

Art. 7. Il Governo del Re avr? facolt? di istruire compagnie o frazioni di compagnie di volontari a piedi od a cavallo, decretarne i Regolamenti, l?uniforme e l?armamento, nominarne gli ufficiali, e bassi-ufficiali ed ordinarne lo scioglimento.

I volontari avranno dallo Stato la diaria stabilita per i militi mobilizzati; il Governo per? potr? accordare un soprassoldo, il quale sar? a carico dello Stato.

Art. 8. Quanto alle pensioni per cagione di ferite o mutilazioni ricevute in servizio per la repressione del brigantaggio, ai volontari ed alle guardie nazionali saranno applicate le disposizioni degli articoli 3, 22, 28, 29, 30 e 32 della Legge sulle pensioni militari del 27 giugno 1850. Il Ministero della Guerra con apposito Regolamento stabilir? le norme per accertare i fatti che danno luogo alle pensioni.

Art. 9. In aumento del capitolo 95 del bilancio approvato pel 1863, ? aperto al Ministero dell?Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d?Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato.

Dat. Torino, add? 15 agosto 1863.

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????????????????????????????????????????????????????????????? Vittorio Emanuele????

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?J. Molino, Revue Europ?enne des sciences, 1992, pag. 94.

?A. Lucarelli. Il brigantaggio politico delle puglie, dopo il 1860. Il sergente Romano,. Laterza. Bari 1946.

?P. Petrarolo. Il Grande brigantaggio meridionale post-unitario.

?V. Padula. Il brigantaggio in Calabria, Roma 1981.

?S. Scarpino. Indietro Savoia! Camunia 1988

??Il Generalo si ha preso dalla gento D Luigi del Beno del pringipi Dorio docati trecento sessanta, perch? servono per i miei soldati. F.to Il Generalo Carmini Crocco Donatella.

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?op.cit. pag. 30. Guglielmi Andria (Ba). 1983.

?In T. Pedio, Relazioni Massari Castagnola? Lacaita. Fasano (Ba) 1983.

?Pag. 28. Corato (Ba)

?A. Lucarelli. Op.cit. Laterza. Bari 1946.

?L?vy. La Cour de Rome?Paris, 1865.


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